Alver Metalli racconta la sua quarantena. Con prefazione di papa Francesco

Venerdì, 22 Maggio 2020

Alver Metalli in una curiosa immagine da quarantena Alver Metalli in una curiosa immagine da quarantena

Una sorta di Via Crucis in quaranta stazioni. Una quarantena, appunto. Si legge tutto d’un fiato, con il desiderio di comprendere quale altro squarcio di vita vissuta regalerà la pagina seguente. Arrivati all’ultima stazione, si apprende che al libro è collegato un sito fotografico https://cuarentena.photos che documenta con bellissime immagini il mondo (“la fine del mondo”, per dirla alla papa Francesco) che si è scoperto leggendo il libro. È l’e-book , edizioni San Paolo, Quarantena/Cuarentena, scritto in due lingue, italiano e spagnolo, da Alver Metalli, di Riccione, giornalista di lungo corso. «Sei anni fa – scrive papa Francesco nella prefazione – ha lasciato la sua bella casa in un quartiere residenziale di Buenos Aires per andare a vivere tra le catapecchie de “la Carcova”. Lo ha fatto perché è stato attratto dalla testimonianza di padre Pepe e ha sentito che così poteva meglio realizzare, con gioia, la sua vocazione cristiana, maturata alla scuola spirituale di don Giussani e dei suoi Memores».

Il libro racconta la quarantena da coronavirus (la peste, la chiama Metalli) nella villa miseria dove le notti sono dominate dai sinistri rumori delle sparatorie e le giornate dalla fatica di rimediare un pezzo di pane dedicandosi al riciclo dei rifiuti. Ha ragione Francesco quando scrive che «ci farà bene leggere questo diario». Racconta delle iniziative di solidarietà sorte in un ambiente segnato da droga, violenza e miseria. La mensa popolare, che in pochi giorni è cresciuta fino a dare un pasto caldo ad oltre duemila persone. Nei giorni della quarantena è nata la Hogar de los borrachines (la casa degli alcolizzati) che raccoglie uomini distrutti dal troppo bere. E anche loro sono stati coinvolti nella mensa: lavano a distanza i pentoloni. Metalli ci fa conoscere attraverso suggestivi flash la Hogar de Cristo, per i ragazzi tossicodipendenti) e la casa per le mamme accolte insieme ai loro bambini altrimenti destinati all’aborto. Alver racconta poi dei vecchietti, i più esposti alla letalità del contagio, che padre Pepe, il parroco, ha mandato a chiamare uno ad uno. A ciascuno ha offerto un luogo dove stare fino alla fine della pandemia: un letto, due pasti al giorno, una doccia. «E molta pulizia e molto affetto tutt’intorno». «Questo diario – rileva Francesco – ci mostra il volto avvincente di una Chiesa povera e per i poveri».

Nel diario della quarantena sono entrati molti personaggi della villa. La venditrice dei biglietti della lotteria, che conosce i segreti intimi dei residenti, e che spera che un destino buono un giorno arrivi anche per lei. Chili, un giovane freddato sulla porta di casa perché aveva compiuto uno sgarro. Della madre Metalli scrive che «La peste l’ha presa di sorpresa, il piombo no». La ragazza venticinquenne di origine paraguayana, devastata da un tumore alla testa, alla quale porta la comunione. «Anche così, quando il dolore non le deforma l’espressione, lei sorride a chile fa visita». Padre Pepe, che ogni mattina si alza quando è ancora buio e «alla sua porta c’è già chi tende la mano. E l’anima ferita». Pereira, detto non si sa perché Mortadela, che spazza le vie del quartiere, cioè spinge l’acqua ristagnante in un corso d’acqua dal pomposo nome di Riconquista, che è anche un cimitero di carcasse d’automobili rubate e bruciate dopo averne smontato i pezzi per rivenderli. I bambini che il giorno di Pasqua tornano felici alle loro baracche con un uovo di cioccolato distribuito dalla parrocchia. Rosa, un’ottantenne quasi cieca che aiutandosi con un carrello della spesa va a ritirare il suo pasto caldo e mentre cammina canta in lingua Guaranì. Maria Fernanda, la cuoca dei poveri, un tempo a servizio di una donna ricca e adesso anima della mensa di chi non ha niente. E, non da ultimo Marcos, il giovane a cui Metalli aveva offerto un panino durante un pellegrinaggio. Un gesto sufficiente per considerarlo un amico. Ed è a lui che si rivolge quando gli sparano alle gambe. La storia ha poi un seguito, tutto da leggere.

Anche gli animali sono entrati in questo diario. Come il baio di Fidel, che pascola per le strade cercando fili d’erba. Nella villa ha un compito importante: trasportare la statua del Gauchito Gil, il bandolero che il popolo considera santo anche se non ha l’aureola. Oltre al Gauchito, la trilogia dei santi invocati dai villeros comprende san Giovanni Bosco e il vescovo Romero, ultimo arrivato.

Nel diario Alver Metalli riflette se dopo la pandemia saremo più gli stessi. E racconta un’esperienza che gli capitata più volte in questi anni di villero. In estate la parrocchia porta i ragazzi in un punto della costa atlantica. Appena arrivati e sistemate le loro cose, i ragazzi si arrampicano su una collina. «Lì succede qualcosa d’imprevisto. I ragazzi si fermano e guardano in avanti. La maggior parte di loro non ha mai visto il mare. Davanti hanno onde spumeggianti spinte a riva da un vento persistente. Guardano l’orizzonte sterminato, respirano l’infinito. Le misure conosciute si dilatano assieme i polmoni. Tramortiti.colpiti al ventre da una immensità insospettata, gli occhi si riempiono di novità. Gli orecchi di vento e di onde che si spezzano sulla battigia. “Prendiamo atto, l’invisibile è molto più potente”. E dura di più».

«Questo libro – osserva papa Francesco – ci va vedere come – attraverso il dono della testimonianza – non ci sia zona, per quanto oscura, dove un raggio del buon Dio non arrivi a riscaldare qualche cuore e a illuminare esistenze altrimenti invisibili».

Valerio Lessi

Le foto della Galleria sono di Marcelo Pascual e pubblicate sul sito https://cuarentena.photos