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Italia Nostra sul Rue di Riccione: pericoloso e costoso

Mercoledì, 06 Febbraio 2019

(Rimini) Italia nostra Rimini interviene sulle manifestazioni d’interesse e sull’approvazione degli accordi operativi del Regolamento urbanistico di Riccione e sul percorso intrapreso verso il piano urbanistico generale.
“I progetti presentati nelle more degli accordi operativi previsti dalla nuova legge regionale della Regione Emilia Romagna - spiegano - presentano molti pericoli ed altrettanti dubbi che di seguito esplicitiamo. La pianificazione del territorio non può e non deve essere demandata ai soggetti privati perché i Comuni hanno il dovere, l’onere ed il privilegio di garantire uno sviluppo proficuo del territorio. L’urbanistica  ha il compito di migliorare: la mobilità, gli alloggi, l’accessibilità, la giustizia sociale ed ambientale, le opportunità economiche e la qualità della vita”.

La prefazione della nuova legge regionale “pur aprendo alle proposte private, ben specifica come sia preferibile uno strumento di pianificazione generale redatto dall’amministrazione pubblica che non può demandare il ruolo che gli deriva da un’espressione del voto. Tutti e dodici i progetti “passati alla seconda fase” esprimono qualche qualità, ma prettamente di carattere estetico, restano carenti dal punto di vista etico. La riqualificazione di situazioni vetuste e obsolete, per un miglior “decoro”, non è una qualità sufficiente ad autorizzare aumenti di volumetrie e modificazioni importanti del paesaggio, con poche o nulle relazioni con le morfologie e l’aspetto precedente del territorio”.
La nuova normativa ed il Pug in generale “pur consentendo delle aperture mai avute nei 30 anni precedenti, chiede analisi approfondite e quadri conoscitivi oggettivi delle criticità presenti. Insieme ad analisi sociologiche, economico finanziarie, giuridiche e ambientali per poter valutare al meglio le previsioni espresse nelle istanze progettuali inviate. Un semplice esempio, abbiamo un’analisi sul numero degli appartamenti vuoti, liberi, non affittati? Perché prima di costruire nuovi volumi non si valuta la possibilità di riqualificare quelli esistenti? La realizzazione di nuovi vani, e nei nuovi progetti ve ne sono parecchi, crea ancora più offerta, a fronte di una domanda debole c’è un grande rischio di innalzare il valore della rendita ed abbassare i valori e le opportunità di un mercato già in sofferenza e privo di reali azioni che possano risolvere il problema”.

Tutte le proposte “continuano ad andare in una direzione di città “specializzata” priva di usi misti e priva di analisi autorevoli e credibili sulle necessità delle funzioni proposte. Quali sono i reali bisogni dei cittadini? Ben venga il privato che investe sul territorio, ma se dotato di strumenti di analisi e risposte verificate sulle esigenze del territorio”.
Riguardo invece all’aspetto paesaggistico la “questione si complica, e non poco. Un principio paesaggistico prioritario per il rispetto dell’ambiente dovrebbe essere quello di seguire la morfologia e l’andamento dei terreni, rispettare la percezione del mare davanti e delle colline retrostanti a monte con edifici di altezze non superiori ai 5 piani e, in punti particolari alcune costruzioni simboliche per la riconoscibilità, come lo era una volta il campanile o la torretta del municipio. Come si può parlare di sostenibilità e rispetto dell’ambiente con costruzioni con altezza fino a 50 metri, che di fatto impediscono a chi è dietro la vista. Come si può parlare di identità territoriale e carattere riccionese quando almeno tre progetti imitano una costruzione verticale con verde, che certo bosco non è”.

Tutti i progetti “presentano come pubblica utilità sistemazioni parziali di strade, e va bene, ma i luoghi di socialità e percorsi con attrattive per favorire la mobilità pedonale sono assenti in ambito pubblico. Per l’utilizzo dei “luoghi progettati” bisogna necessariamente pagare, ma gli attuali fruitori della città sono disposti ad usare le nuove strutture, e i cittadini di Riccione da quale beneficio sono raggiunti? Le attuali strutture della città ad esempio piscina e palacongressi saranno in grado di sostenere cali fisiologici dovuti alla novità ed alla concorrenza? Ed allo stesso modo quali sono le garanzie fornite dai promotori dei progetti di grande dimensione, proposti per la città in caso di fallimento dell’intervento? A fronte di un interessante fermento per la riqualificazione non corrispondono valutazioni ed analisi con indicatori di rischio, di qualità ambientale e di rientro degli investimenti oggettivi”.
Almeno “tre” delle proposte formulate, “che presentano incrementi di carico urbanistico sono allo stato attuale chiuse e prive di qualsiasi attrattiva come si può pensare ad un repentino cambiamento con gli aumenti di offerta prevista se ad oggi questa offerta non ha una domanda? Non entriamo nel merito dell’offerta architettonica, simile ad altri oggetti visti in luoghi urbani o in altri contesti non turistici e dai costi di gestione estremamente elevati”.


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