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Dig awards, ecco i finalisti

Giovedì, 03 Maggio 2018

(Rimini) Entrano nel vivo i Dig Awards, premi internazionali dedicati al giornalismo d’inchiesta video che saranno assegnati a Riccione durante il prossimo Dig Festival, in programma dall’1 al 3 giugno. Tra le candidature inviate da tutto il mondo, la giuria presieduta dal reporter statunitense Jeremy Scahill ha selezionato 24 finalisti, suddivisi in sette sezioni di concorso tra inchieste, reportage e progetti in fase di sviluppo.(Rimini) Entrano nel vivo i Dig Awards, premi internazionali dedicati al giornalismo d’inchiesta video che saranno assegnati a Riccione durante il prossimo Dig Festival, in programma dall’1 al 3 giugno. Tra le candidature inviate da tutto il mondo, la giuria presieduta dal reporter statunitense Jeremy Scahill ha selezionato 24 finalisti, suddivisi in sette sezioni di concorso tra inchieste, reportage e progetti in fase di sviluppo.

Nella sezione Investigative Long, riservata a inchieste video lunghe fino a 90 minuti, si sfidano tre lavori di portata davvero internazionale. La coproduzione ucraino-rumena Killing Pavel, firmata da Anna Babinets per l’agenzia Slidstvo.info, ricostruisce l’assassinio del giornalista bielorusso Pavel Šaramet – spina nel fianco dei regimi di Lukašenko, Putin e Porošenko – ucciso da un’autobomba a Kiev nel 2016. Nell’inchiesta trasmessa da France 2 The Cost of Cotton, Sandrine Rigaud documenta le condizioni estreme dei lavoratori della filiera del cotone, dall’Uzbekistan al Bangladesh, tra sfruttamento minorile e vera e propria schiavitù. Infine, in Spy Merchants il team di Al Jazeera Investigations (tra gli altri Phil Rees e Simon Boazman) indaga sotto copertura sul traffico di software per lo spionaggio: un mercato che favorisce dittatori di tutto il mondo e passa anche per l’Italia.

Al Jazeera conquista la finale anche nella sezione Investigative Medium (inchieste video fino a 27 minuti) grazie a North Korea: The Death of Kim Jong-nam. In questo lavoro il team del programma 101 East, guidato dalla giornalista australiana Mary Ann Jolley, indaga sull’incredibile assassinio del fratellastro del leader nordcoreano Kim Jong-un, avvenuto per avvelenamento all’aeroporto di Kuala Lumpur. In Silent Death on Syrian Journey invece Mouhssine Ennaimi, dell’emittente turca TRT, presenta le storie estreme di alcuni profughi siriani, costretti a vendere i propri organi a trafficanti spietati. A contendere il premio alle due inchieste internazionali è Sacha Biazzo di Fanpage.it con Bloody Money, inchiesta su rifiuti, affari e politica da cui sono nate un’indagine della magistratura e uno scandalo politico che ha coinvolto la famiglia del governatore campano De Luca.

Sono tutti internazionali, invece, i reportage giunti fino alla fase finale. Nella sezione Reportage Long (fino a 90 minuti) forte è la presenza francese. In Kompromat l’inviato di France 2 Tristan Waleckx incontra le vittime dei dossieraggi di Putin, mentre nella coproduzione franco-canadese The Empire of the Red Gold Jean-Baptiste Malet e Xavier Deleu mostrano il lato oscuro dell’industria del pomodoro, tra Africa, Italia, Cina e America. Il terzo finalista è un documentario prodotto dal Guardian, White Fright: Il premio Emmy David Felix Sutcliffe accende i riflettori sul tentato attacco contro la comunità islamica e afroamericana di Islamberg, nello Stato di New York; tra l’indignazione dei cittadini il responsabile del piano, Robert Doggart, non mai è stato formalmente incriminato per terrorismo.

La sezione Reportage Medium (fino a 27 minuti) si divide invece tra i fronti più martoriati del Medio Oriente, filmati da due reportage di ARTE, e meno note persecuzioni sudamericane, documentate dalla tv brasiliana Futura. Iraq: Dying for Mosul di Bernard Genier rivela le rischiose operazioni umanitarie messe in atto in Iraq da un’ONG cristiana fondata da un ex soldato statunitense. Raqqa: The Battle of the Euphrates di Sophie Nivelle-Cardinale e Sylvain Lepetit mostra l’ex capitale dello Stato Islamico nei giorni della sua liberazione, grazie a immagini esclusive raccolte al seguito delle truppe curde. Monoculture of Faith di Joana Moncau, infine, denuncia le violenze dei gruppi evangelici del Mato Grosso do Sul sulle popolazioni Guarani Kaiowá che rifiutano di abbandonare i tradizionali culti sciamanici.

Oltre a inchieste e reportage dal format tradizionale, i DIG Awards premiano lavori videogiornalistici brevi (Short, fino a 12 minuti) e documentari di taglio cinematografico (Masters). Per le opere brevi la sfida è tutta italiana, con due nomination per Nemo e una per Piazzapulita: il programma di Rai 2 vede in lizza David Chierchini e Matteo Keffer con Coltan Mines, servizio sull’inferno delle miniere del Congo, ed Emanuele Piano con Doping, il mistero di Alex Schwazer; la trasmissione di La7 raggiunge invece la finale con Francesca Nava e il suo Ceuta nascosta, viaggio in una frontiera prossima al tracollo. C’è un’opera italiana anche tra i finalisti della sezione Masters, Roma. Golpe capitale di Francesco Cordio, documentario su ascesa e caduta di Ignazio Marino. A contendergli la vittoria sono una produzione tedesca, Truth Detectives, e una statunitense, This in Congo: nella prima Anja Reiss documenta l’impatto delle nuove tecnologie nelle indagini sui crimini di guerra; nella seconda Daniel McCabe offre uno sguardo inedito sul lungo conflitto che insanguina la Repubblica Democratica del Congo.

Particolarmente attesa infine è la sezione DIG Pitch, che vedrà sfidarsi sei progetti d’inchiesta per un premio di produzione da 15.000 euro. In palio c’è anche la possibilità di realizzare il montaggio di uno dei lavori presso la sede di Sky Italia a Milano. Sky, media partner del DIG award, ha deciso quest’anno di supportare lo sviluppo di uno dei progetti finalisti mettendo a disposizione il know how della produzione Sky TG24 e dell’area Production Broadcast e creative di Sky. Raggiungono la fase finale Rosy Battaglia con Alta felicità, Vito Foderà con Il primo anello, Gianluca Loffredo e Sandro Di Domenico con Miracolo d’agosto, Marco Ferrari con Never Whistle Alone, Francesco Murana con Sex Slavery: In the Name of God, ed infine Emanuele Piano con The Rise of the Social Bots. I temi trattati spaziano dal movimento No Tav al narcotraffico, dalle battaglie contro le multinazionali ai whistleblower, dalla tratta delle prostitute nigeriane ai troll online.


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