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Lavoro nei giorni festivi, i sindacati proclamano lo sciopero di Pasqua

Mercoledì, 28 Marzo 2018

(Rimini) Nelle giornate festive pasquali, Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil regionali hanno proclamato sciopero per il giorno 1 aprile 2018 e astensione dal lavoro per il 2 aprile “invitando i lavoratori del commercio e gli addetti di tutte le attività svolte all’interno dei centri commerciali ad aderire astenendosi dal lavoro nelle festività”.
Sottolineano i sindacati che “la disponibilità al lavoro festivo è una scelta libera e autonoma di lavoratrici e lavoratori. Recenti sentenze confermano questa nostra impostazione, secondo la quale il datore di lavoro non può imporre al dipendente di lavorare in una giornata festiva e definisce illegittima l'eventuale sanzione disciplinare a punizione del rifiuto al lavoro festivo, se non vi sia stato preventivamente un assenso di quest’ultimo”.
La situazione è diventata ambigua con la “liberalizzazione degli orari introdotta nel 2011 con il decreto ‘Salva Italia’ ha eliminato ogni vincolo e regola in materia di orari commerciali, nel totale disinteresse degli effetti negativi prodotti su milioni di persone, in prevalenza donne, e sulle loro famiglie”.
La discussione nell’ultima legislatura, si è fermata alla ‘Commissione Industria, Commercio e Turismo’ del Senato, con un articolato normativo che “se da una parte permetteva agli enti locali e alle parti sociali di ridiscutere di orari di apertura degli esercizi commerciali nei territori, dall’altra, non ponendo vincoli, se non la chiusura in sole 6 festività, sostanzialmente non risolveva il problema. E' necessario che la discussione in Parlamento si riattivi per una nuova regolamentazione delle aperture commerciali”.
Le liberalizzazioni “sono sbagliate, non aiutano la crescita economica, non creano nuova occupazione, producono dumping tra piccola e grande distribuzione, svendono le festività, svuotano i centri storici delle città a favore delle cittadelle del consumo, sviliscono la qualità del lavoro spezzettando la prestazione lavorativa e costringendo i dipendenti ad orari ben poco concilianti con le necessità di riposo”.


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