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Piscaglia dipinge il futuro del Galli: "Così diventeremo un teatro di tradizione"

Martedì, 17 Dicembre 2019

“Stiamo diventando una città d’arte, una prospettiva che fino a qualche anno fa era inimmaginabile. È un vero cambiamento d’epoca quello che stiamo vivendo. Sta cambiando la nostra identità di città. Chi arriva da fuori lo percepisce e ne rimane stupito, noi riminesi forse ancora non ce ne siamo accorti fino in fondo”. È la conclusione di una conversazione con l’assessore alla cultura Giampiero Piscaglia a proposito del futuro del Teatro Galli, della sua gestione e della sua sostenibilità economica. Ma il teatro è appunto un tassello del più ampio mosaico di cambiamento che ha investito il centro storico di Rimini. “Chi oggi arriva a Rimini con in testa la vecchia cartolina o una guida datata, trova una realtà diversa. Presto avremo un quadrante del centro storico con tanti e tali musei che se uno volesse visitarli tutti dovrebbe impiegare giorni. Presto partirà la risistemazione del Museo della Città, che vedrà percorsi rinnovati e la valorizzazione del Trecento riminese. Nei due palazzi medievali di piazza Cavour avremmo l’arte contemporanea. Al Castello aprirà il Museo Fellini. Abbiamo una Biblioteca con 400 anni di storia. È in atto la valorizzazione del porto antico e di Porta Galliana. Per non parlare dei monumenti storici di sempre, a partire dal Tempio Malatestiano. La cultura non è più un’appendice, la gente arriva a Rimini per cercare questa offerta. La guida di Lonely Planet dedicata all’Emilia Romagna ha in copertina Rimini. Bisogna che tutto questo diventi sistema e venga venduto adeguatamente all’esterno”.

Il discorso, si diceva, era partito dal Teatro Galli. E l’assessore Piscaglia l’aveva preso un po’ da lontano per arrivare a dire che in fatto di programmazione e gestione teatrale Rimini non parte da zero.

“Per le compagnie teatrali il Novelli è sempre stato una meta importante. Non tutte le città sono in grado di offrire tre repliche di uno spettacolo. Noi abbiamo sempre avuto tre turni per la grande prosa, un turno D per spettacoli più innovativi e un cartellone per il teatro di ricerca. I teatri stabili hanno l’obbligo di un dieci per cento per la ricerca, noi siamo andati oltre”. E quindi? L’assessore Piscaglia non ha ancora finito con la sua premessa. “Abbiamo la Sagra musicale malatestiana che quest’anno ha compiuto 70 anni. Per una città come Rimini, che secondo alcuni è affetta da una sindrome di Ugolino, è un traguardo eccezionale. La Sagra nasce con l’Azienda di Soggiorno che mentre cerca di lanciare il turismo popolare di massa propone un festival di musica classica. In quegli anni alcune manifestazioni, fra cui la Sagra, fanno uscire la musica classica dalle sale di concerto e la portano o nelle chiese o nelle piazze. E avevamo la diretta in Eurovisione di alcuni concerti. Altre città in Emilia Romagna non hanno un festival come la nostra Sagra”.

Le premesse dell’assessore Piscaglia arrivano ad uno snodo cruciale. “Non abbiamo mai fatto la lirica. Con la riapertura del Galli, cosa è successo? Grazie alla Regione, noi che non siamo un teatro di tradizione, siamo stati ammessi al tavolo dei teatri di tradizione dell’Emilia Romagna, partecipando così alle linee di finanziamento per chi partecipa a coproduzioni nella lirica. Nel primo anno abbiamo collaborato con Piacenza per La Traviata e con Ravenna per la Norma. Noi abbiamo l’obiettivo di diventare il settimo teatro di tradizione della regione, insieme a Piacenza, Parma, Modena, Reggio Emilia, Ferrara e Ravenna”.

E come si fa ad entrare in questo ‘salotto’ buono? “Non c’è una regola definita. Bisogna dimostrare di saperlo fare con una programmazione colta che comprende opera, concerti, balletti. Il ministro, a suo insindacabile giudizio, sentito il parere non vincolante di una commissione, emette il relativo decreto. Possiamo immaginare che servano almeno due tre anni, ma si potrebbe fare anche un’eccezione per un teatro che è stato inaugurato da Verdi. Vedremo. Questo comunque è il nostro obiettivo”.

Anche se siede nel salotto buono dei teatri di tradizione, il Galli adesso è nella categoria della lirica ordinaria, che comporta l’obbligo di due produzioni all’anno. Quando passerà nella categoria superiore, teatri di tradizione, gli spettacoli dovranno essere quattro. Ma si avrà il diritto a maggiori finanziamenti. Già adesso però Rimini, oltre ai 50 mila euro dalla Regione, partecipa ai finanziamenti ministeriali del Fus (Fondo unico dello spettacolo). E come? “Ci facciamo accompagnare per gli aspetti organizzativi e amministrativi dalla Fondazione di Ravenna, che riceve fondi per gli spettacoli che noi produciamo e poi ce li riversa. La collaborazione con Ravenna ci aiuta anche a formare una squadra di operatori che potrà in futuro gestirsi autonomamente”.

E siamo arrivati al punto della gestione. “Siamo, in questa fase, obbligati alla gestione diretta, perché il Teatro è stato costruito in regime di recupero dell’Iva, e quindi dobbiamo restituire il risparmio di Iva così ottenuto”. Di questo primo anno di gestione, costi e ricavi, l’assessore non è in grado di fornire dati perché sono ancora in fase di elaborazione. La prospettiva del futuro? “Molti teatri all’inizio degli anni Duemila sono passati al sistema delle Fondazioni perché, si pensava, in questo modo il Comune spende meno. Ma non è andata così, tanto che alcuni Comuni vorrebbero tornare indietro perché una legge del 2014 ha imposto alle Fondazioni gli stessi vincoli dell’ente pubblico. Inoltre, la presenza di una Fondazione comporta il raddoppio di certe figure. Se in un Comune l’impiegato, per non correre rischi, ha per così dire, una rete di protezione dei dirigenti capaci di indicare come muoversi, qualche figura analoga bisogna prevederla anche nella Fondazione. Inoltre, un dipendente comunale non si occupa solo della gestione del teatro, ma mentre segue quello garantisce molte altre mansioni. A Rimini la gestione diretta ha creato nel tempo un gruppo di lavoro che, pur avendo un contratto di pubblico impiego, ha acquisito una modalità di agire che prevede anche orari notturni e festivi. Quel gruppo ha acquisito una professionalità che equivale a quella di una Fondazione”.

L’assessore Piscaglia mette in guardia da facili semplificazioni. “Il teatro non è un business, è strutturalmente in perdita. Certo, devi avere una gestione aziendale corretta, ma anche quando riempi le sale, ottieni le giuste sponsorizzazioni, produci merchandising, apri il bookshop, utilizzi l’art bonus, rimani sotto e non di poco. La capacità di un teatro di autofinanziarsi è in media pari al 30 per cento delle spese, nella lirica si arriva anche al 20 per cento.” Quindi quale sarà la strada di Rimini? “Finito l’obbligo della gestione diretta, si farà una valutazione. Tenendo presente che in una eventuale Fondazione, a parte Comune, Provincia, Camera di Commercio, non vedo un gran numero di aziende e imprenditori che possano far parte della compagine. Ma, ripeto, faremo una valutazione, facendo tesoro dell’esperienza di questi anni”.

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