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Francesco e Benedetto, misericordia e rivoluzione

Venerdì, 01 Luglio 2016

(Rimini) Cristiana Caricato, giornalista di TV2000, segue da vent’anni i papi nei loro viaggi apostolici. Mercoledì sera ‘Il Portico del Vasaio’ l’ha invitata a Rimini a presentare il libro-intervista di Andrea Tornielli ‘Il nome di Dio è Misericordia’. Pubblichiamo l'intervista a cura del centro culturale (http://blog.porticodelvasaio.org/?p=1376)

È di ritorno dallo storico viaggio di Papa Francesco in Armenia e da un momento altrettanto significativo come la celebrazione del 65° di sacerdozio del Papa Emerito. Parte da qui il racconto di Cristiana Caricato, vaticanista di Tv2000, al seguito di Wojtyla e Ratzinger prima e di Bergoglio poi, da quei tre minuti e mezzo di discorso a braccio di Benedetto XVI che l’hanno commossa.

“La sua bontà”, ha detto Ratzinger rivolto al suo successore, “è il luogo dove abito e mi sento protetto, prima che nella bellezza dei Giardini Vaticani”.

“Vedere l’umiltà di quest’uomo di quasi 90 anni, che è probabilmente uno dei più grandi intellettuali del mondo, dopo tutto quello che ha fatto, vederlo togliersi lo zucchetto all’entrata di Papa Francesco, è un segno di umiltà grandioso! La vera rivoluzione nella chiesa, infatti, non l’ha fatta Francesco ma Benedetto, quando ha dato le dimissioni”. Segno non di debolezza, come hanno detto alcuni, ma di fede e coraggio. E “se non l’ha fatto nessuno prima, è perché nessuno ha mai avuto il coraggio di farlo, prima di lui”.

Perché è così importante la Misericordia per Papa Francesco, tanto da dedicarle un Giubileo?

La misericordia è la chiave interpretativa del pontificato di Papa Francesco, è la prima parola del suo magistero. Ricorre costantemente perché non è semplicemente una disposizione del cuore del Papa ma è la cifra per capire tutta la sua azione, è il modo in cui Dio abbraccia il bisogno dell’uomo. Di fronte a un’umanità dove emergono ferite di ogni tipo, il volto della misericordia è la consolazione. Questo il Papa lo interpreta con dei gesti, per esempio quando visita gli ospedali psichiatrici, gli ammalati e soprattutto coi bimbi. Mi ricordo in Messico il modo con cui si è approcciato ai bambini, scherzando, ridendo, dando loro le medicine, lanciando così anche un messaggio. È un uomo che sa farsi piccolo, sa umiliarsi, come fa Dio con noi”. E lo fa soprattutto nei ‘Venerdì della Misericordia’, quando va a trovare a sorpresa, ogni settimana, le persone più bisognose (un incubo per i vaticanisti che devono indovinare luogo e ora delle visite!).

“Ogni volta le persone che incontro dopo che l’hanno visto: bambini, sacerdoti in crisi, mi colpiscono perché si vede che hanno sentito la maternità della chiesa, si sono sentite amate”.

Un metodo che, come indica padre Spadaro in un suo saggio (‘La diplomazia di Francesco. La misericordia come processo politico’), Bergoglio usa anche in campo ecumenico. Il Papa non si pone mai come un capo di stato distante, ma “anche quando intravede le difficoltà, come nelle relazioni tra Cuba e USA, per esempio, il modo in cui si china tra le parti non è mai quello delle cancellerie, ma quello del pastore che si interessa al destino del popolo”.

In Armenia ha adottato lo stesso metodo. “Era un viaggio complicato, la prima tappa del Caucaso che si chiuderà l’anno prossimo. È una regione contesa con una guerra che va avanti da anni. È riuscito a oltrepassare la distanza e a far accettare alcune cose importanti”. Alla vigilia le diplomazie non si mettevano d’accordo sulla dichiarazione comune, c’erano tanti punti delicati. “Il papa è riuscito a far approvare a sorpresa questa dichiarazione, attraverso la convivenza in comunità di tre giorni, accettando di alloggiare nel Palazzo apostolico di Sua Santità Karekin II Catholicos. Anche con il Patriarca Kyrill ha usato lo stesso metodo. Si trattava di un incontro impossibile, sognato per anni da Giovanni Paolo II. Lui ci è riuscito, semplicemente senza mettere alcuna condizione al suo interlocutore.

Qual è il rapporto tra Francesco e Benedetto XVI?

Nel viaggio di ritorno dall’Armenia, il Papa ha chiarito molte cose: non esistono un ‘Papa orante’ e un ‘Papa che guida la Chiesa’: il Papa è uno e c’è un Papa Emerito che ha un ruolo importante e moltissimi meriti. Primo fra tutti l’aver creato questa nuova figura del “nonno saggio in casa”. Francesco ha una grande venerazione per gli anziani, e per Benedetto un rispetto e un’ammirazione totali. Ratzinger è un uomo puro, di un’intelligenza eccezionale, e sta interpretando un ruolo difficilissimo e unico nella storia. Lui si commuove, lo abbraccia, lo ascolta. Papa Francesco vorrebbe una sua presenza pubblica più decisa, ma Benedetto preferisce vivere ritirato. Nei loro abbracci c’è sempre qualcosa di più commovente, il rapporto di paternità sembra quasi capovolgersi: Benedetto diventa più simile a un figlio”.

Alcuni criticano anche aspramente Papa Francesco perché non ha lo spessore teologico del suo predecessore…

"Non ci dobbiamo dimenticare che appartengono a due generazioni diverse: Bendetto XVI è cresciuto in un seminario preconciliare, con una preparazione molto intensa, ha attraversato la stagione conciliare e ne è stato un protagonista. Francesco ha una formazione gesuita, in America Latina, ha studiato nel dopo concilio, ha un’impostazione meno rigorosa. Ratzinger è un intellettuale unico, di caratura mondiale, è rimasto un professore e un teologo anche da Papa. Francesco è soprattutto un pastore con una grande esperienza. Si critica la sua esperienza teologica, in realtà chi lo conosce bene, sa che ha anche un grande spessore teologico, ma da quando è Papa è prima di tutto vescovo, non dimentichiamo che si è presentato come il Vescovo di Roma. Gli sta a cuore la cura della anime più di tutto".

Cosa significa per te questo Giubileo e cosa chiede ai cristiani?

"È un’occasione enorme per la nostra conversione. Per me vedere un pontefice che porta questa carezza della Chiesa a tutti, capace di amare come una madre, è qualcosa di unico. Abbiamo bisogno di vivere il cristianesimo in modo meno clericale e il papa lo sta facendo, giorno dopo giorno. Per noi è l’occasione per imparare questa Misericordia, che non è altro che l’essenzialità del Vangelo, la risposta del Padre. Possiamo imparare tanto semplicemente dalle opere di misericordia. Anche il suggerimento a commuoverci per l’altro, al nostro bisogno di lacrime, ci aiuta ad abbandonare questo ego enorme, tipico della nostra epoca, vivendo coi nostri vicini e i nostri colleghi, cercando di capire il loro bisogno e di vivere cercando questa prossimità”.


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