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Il vescovo e la città di Gnassi

Giovedì, 15 Ottobre 2015

9bIl vescovo e la città di Gnassi

 

 

C'è chi ritiene che il vescovo di Rimini monsignor Francesco Lambiasi nel discorso di ieri abbia lanciato stoccate o moniti ai politici locali. Ne siamo proprio sicuri? Certamente il vescovo ha invitato a fare uno “scatto in avanti”, a “non cedere alla tentazione di puntare sull’effimero o su ciò che può dare un’immagine discutibile della Città”; un richiamo sulla trasgressione, a porre un freno alla moltiplicazione delle “feste di massa” che inevitabilmente attirano un pubblico che si dedica a comportamenti che, oltre ad essere moralmente riprovevoli, danneggiano l’immagine della città. Qualcuno può forse immaginare che il pastore della Chiesa locale prenda la parola nella festa di san Gaudenzo per chiedere “più Molo Street Parade per tutti”?

 

Probabilmente nei commenti ha agito un riflesso condizionato: quando un vescovo parla sui temi sociali e politici non può che esprimere un giudizio critico, anche perché la realtà è sempre inadeguata rispetto ad un alto ideale. E poi eravamo tutti abituati ai discorsi degli anni precedenti, nei quali c’è sempre stato un forte richiamo, davvero sferzante, su qualche aspetto della vita pubblica.

 

In reatà, l’invito a superare la cultura della trasgressione come uno “scatto in avanti” viene dopo un giudizio che oggettivamente suona come un apprezzamento per gli ultimi quattro anni dell’amministrazione guidata da Andrea Gnassi. Se il sindaco dovesse riassumere in poche righe, senza l’enfasi narrativa che lo distingue, i risultati della sua azione elencherebbe, uno dopo l’altro, proprio i punti toccati dal vescovo: “Una Città, come la nostra, educa alla cittadinanza con l'immagine delle sue vie, delle sue piazze, del suo paesaggio, dei suoi monumenti. In questo senso non può non essere apprezzato l’impegno dell’Amministrazione per la qualificazione estetica dei nuclei storici della Città – centro e borghi – e per il recupero della vocazione culturale della nostra Rimini. Va anche riconosciuta l’opera in corso per la realizzazione di importanti infrastrutture – sistema fognario – per una viabilità più scorrevole e funzionale, per la valorizzazione della risorsa preziosissima dei monumenti antichi”. In più ha aggiunto, citando anche numeri e somme riscosse, i risultati sul fronte dell’evasione fiscale, che “fanno ben sperare sulla possibilità effettiva di contrastare il triste fenomeno”.

 

Naturalmente, questo giudizio positivo sull’attuale amministrazione non permette di “tirare per la tonaca” il Vescovo in questioni strettamente elettorali. Oltre che irrituale, sarebbe anche una lettura inadeguata e frettolosa per almeno due motivi.

 

Il primo è che la parte maggioritaria del mondo cattolico riminese, compresi suore e preti, da tempo vota a sinistra senza alcun problema, trovando nello schieramento guidato dal Pd una migliore espressione delle istanze di giustizia sociale, considerate il valore non negoziabile prevalente. Non c’è bisogno che intervenga Lambiasi per portarli ancora una volta a votare a sinistra a Rimini, dove il vice sindaco è stato scelto nella fila della Caritas.

 

Il secondo motivo è che il vescovo nel suo intervento ha dato voce a quel senso comune diffuso che oggi è facile rintracciare nella città. E quel senso comune dice che Gnassi ha mille difetti (per il vescovo probabilmente quello di organizzare le “feste di massa”), ma sta facendo cose giuste, attese da tempo; e in ogni caso dopo anni si vedono tanti cantieri nella città. Un senso comune diffuso – aggiungiamo – che dovrebbe seriamente far riflettere chi è impegnato nella legittima e doverosa impresa di pensare ad un’alternativa.

 

Detto questo, si può convenire che questo senso comune diffuso, trovando riscontro in una persona con un autorevole ruolo istituzionale, possa forse costituire un termine di paragone per quella fascia di elettorato, in larga parte cattolico, deluso da un centrodestra in frantumi e orfano delle varie ipotesi centriste che si sono affacciate negli ultimi anni. E ciò senza che questa fosse l’intenzione del vescovo. È normale che un cattolico, di fronte ad una scelta impegnativa come il voto, cerchi un paragone autorevole sui propri criteri di giudizio.

D’altra parte, la sottolineatura di un turismo pienamente “umano” – e certamente non meno redditizio sul piano economico –, basato sulla valorizzazione delle bellezze artistiche e culturali, sulle relazioni umane, su una vacanza ricca di contenuti, non è estraneo alla riflessione del mondo cattolico locale. Se ne è fatto interprete nei mesi scorsi il professor Natalino Valentini, direttore dell’Istituto di Scienze Religiose, in un dotto e articolato intervento ad uno dei convegni promossi dall’associazione Progetto Rimini.

 

Si può concludere aggiungendo che il comportamento storico di parte dei cattolici riminesi –valutazioni positive sulle scelte principali dell’amministrazione accompagnate da un richiamo etico – riflette in qualche modo il caso serio culturale in cui si dibattono i cattolici anche a livello nazionale. Chi da tempo è orientato a sinistra, se ne distacca idealmente (ma non nel voto) quando sono in gioco valori morali che coinvolgono la vita, la famiglia, le relazioni umane. Allo stesso modo, vediamo oggi sul piano nazionale un piccolo partito a forte vocazione identitaria come l’Ncd che condivide in tutto l’azione del governo Renzi, entrando in conflitto con esso solo per la questione delle unioni civili omosessuali e dell’adozione per coppie dello stesso sesso.

 

Sembra che la questione dello specifico contributo dei cattolici sulla vita sociale e politica sia sempre più confinato (o almeno emerga e diventi punto di confronto) solo nelle certamente importanti questioni etiche, dando per scontata l’omologazione su tutto il resto.

vescovo lambiasi


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