A proposito del Palacongressi. Premessa e qualche numero

Martedì, 22 Maggio 2012

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A proposito del Palacongressi. Premessa e qualche numero


L’astronave di via della Fiera non decolla, e questa non è una buona notizia. Sono stati gli stessi comandanti in capo, il presidente Roberto Berardi e il direttore Stefania Agostini, ad ammetterlo, anche se le loro dichiarazioni erano tutt’altro che pessimistiche: “Siamo moderatamente soddisfatti, ma c’è ancora tanto da lavorare”. Traducendo dalla lingua criptica dei manager pubblici il messaggio è: le cose non stanno andando come pensavamo.


Tutti ricorderanno di quali attese era stato circondato il Palacongressi. Finalmente una struttura che farà da volano alla nostra economia turistica, che lancerà definitivamente la stella di Rimini nel firmamento dei congressi, che segnerà il decollo definitivo di un turismo che dura dodici mesi all’anno. Sembrava insomma che dopo l’inaugurazione l’astronave sarebbe partita per il suo lungo viaggio secondo il programma di volo che i suoi progettatori avevano stabilito.
E invece? E invece l’astronave stenta pure a partire. Questo 2012 vede 54 eventi già confermati (e non sono pochi, va riconosciuto) per un totale di 135 mila congressisti. I timonieri dell’astronave sperano ancora di raggiungere quota 200 mila, ma appare chiaro a chiunque che si tratta solo di un pensiero consolatorio. I congressi sono attività che si programmano per tempo, non è escluso che nei prossimi mesi si possa raccogliere qualche altro evento, ma arrivare quasi al raddoppio delle presenze appare francamente difficile.


Dove sta il problema? Berardi ed Agostini hanno offerto in pasto all’opinione pubblica i dati emersi da un’indagine di una rivista specializzata. Dall’indagine emerge che sul nuovo Palacongressi nessuno ha niente da obiettare, ma se l’astronave si vende bene non altrettanto si può dire della destinazione Rimini. E i difetti della città sono una difficoltosa accessibilità, una scarsa capacità attrattiva, una rete di strutture ricettive non ancora adeguate alle esigenze della clientela business. Insomma, se il Palacongressi non funziona, la colpa è della città che ancora non è al livello del proprio gioiello.


Questo è un tema su cui ci sarebbe molto da dire e da discutere. Soffermiamoci per un attimo sull’obiettivo indicato per l’anno 2012: 200 mila presenze congressuali. I timonieri hanno aggiunto che è rimandato al 2016, cioè al quinto anno di attività, l’obiettivo più ambizioso delle 500 mila presenze.


Ma cosa c’era scritto nello studio di fattibilità (anno 2000) sulla base del quale è stato progettato il Palacongressi nelle sue dimensioni così faraoniche? C’era scritto che il primo anno, cioè quello in corso (lasciando perdere il 2011 che ha avuto solo tre mesi di apertura), avrebbe visto complessivamente 274.802 congressisti varcare la soglia dell’astronave, ovvero 256.802 per congressi e 18.000 per mostre e manifestazioni diverse. Quindi l’obiettivo indicato per il 2012 è già inferiore del 20 per cento rispetto a quanto indicato nel piano di fattibilità. Il piano invece già prevede per il 2016 gli obiettivi rilanciati dagli amministratori: 540 mila presenze congressuali.
Il piano di fattibilità era basato sulle “magnifiche sorti e progressive” dell’astronave: al decimo anno di attività avrebbe tagliato il traguardo delle 840 mila presenze complessive. Tale cifra era ottenuta indicando la percentuale del 20,7 di utilizzo delle 16 sale (pari a 13.500 posti), a fronte di un utilizzo italiano che era dell’11 per cento e di un tasso di utilizzo europeo che era del 22 per cento.


Il piano indicava anche cifre da far comparire come a Paperone i dollari negli occhi degli albergatori: a regime i pernottamenti congressuali sarebbero aumentati del 482 per cento. La royalty per presenza alberghiera era indicata in 9.600 lire pari all’8 per cento di 120.000 lire di tariffa media alberghiera. A parte che le royalties sono già arrivate al 10 per cento, ma ci si chiede quanti alberghi nel 2000, cioè dodici anni fa, praticassero una tariffa di 60 euro per pernottamento e prima colazione (il congressista non fa la pensione completa).


L’impressione – diciamolo pure – è che tutto fosse un po’ gonfiato, dalle presenze ai ricavi, per giustificare la necessità dell’opera faraonica.


Ma siccome a questa osservazione ci sono tante obiezioni (erano previsioni prima dell’11 settembre, la globalizzazione ha fatto passi avanti, ecc.), di queste ci occuperemo nelle prossime puntate.
(continua)


Valerio Lessi


Ultima modifica il Sabato, 15 Settembre 2012 17:04