L'insostenibile costo dell'etica in banca

Venerdì, 04 Maggio 2012

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L'insostenibile costo dell'etica in banca


Qualche mese fa mi telefona un promotore finanziario che conosco da anni, che ha seguìto i miei investimenti personali (per la verità ha assecondato le mie scelte: visto il lavoro che faccio, mi piace sbagliare da solo) nelle varie banche in cui ha lavorato. Mi avvisa che non potrò più essere suo cliente perché da lì in avanti lavorerà per una banca etica, Eticredito spa, che per statuto non accetta fra i suoi clienti soggetti che comprano e vendono azioni, poiché la finalità di chi compra azioni è speculativa e questo non è, evidentemente, etico.
Percepisco la comunicazione come una forzatura, pur necessaria, nelle motivazioni addotte, che mi appaiono moralistiche, più che speciose, ma ne prendo atto, augurando buona fortuna al promotore in questione: e mi riprometto di andare più a fondo, accomunato come mi sento al vecchio Ebenizer Scrooge, di dickensiana memoria.


I professori universitari hanno tanti modi di approfondire taluni argomenti, quello più veloce e interessante –perché è un work in progress al quale si partecipa- è assegnare una tesi; così accade che un’ottima laureata, magna cum laude nella recente sessione, accetti di discutere una tesi sul micro-credito, la finanza etica ed i suoi protagonisti, italiani e non.


Il micro-credito e la finanza etica nascono in palese contrapposizione al tradizionale operare delle banche, ritenute un covo di speculatori che, alle spalle dei risparmiatori e dell’ignara popolazione, macinano utili ingiusti ed immorali, appunto, non etici. Le banche sarebbero, di conseguenza, prive di qualunque valore di riferimento, tese solo al profitto e disposte a mangiare bambini pur di riuscirci. La banca etica nasce per sfatare l’alternativa brechtiana che si interroga sulla convenienza dell’opzione di rapinare una banca piuttosto che fondarla tout-court, e si sviluppa in Asia a cura di Mohammed Yunus, che con la sua Grameen Bank, mostra che si possono finanziare micro-imprese, a ristrettissima base familiare, grazie alla conoscenza diretta del soggetto finanziato ed all’incentivo morale a bene operare rappresentato dalla consapevolezza del particolare circuito finanziario al quale si aderisce. Il fenomeno del micro-credito esplode nei paesi in via di sviluppo e, a molti osservatori superficiali, sembra rappresentare il rimedio per il tradizionale vincolo finanziario alla crescita. In realtà il micro-credito, fenomeno che non si vuole certamente sminuire, non può in alcun modo rappresentare la fuoriuscita dal sottosviluppo per i Paesi in cui è attivo, perché non è in grado di mobilitare risorse adeguate a sostenere lo sviluppo di imprese più grandi di, appunto, micro-imprese individuali, talvolta prive di addetti. Per i soggetti cui si rivolge (poveri, respinti dalle banche, privi di risorse per fare impresa) il micro-credito rappresenta un argomento di grande interesse, che viene portato avanti in Italia soprattutto da Banca Popolare Etica e, nel nostro territorio, da Eticredito (Banca Etica Adriatica) spa.


Se la prima è più popolare a livello nazionale, anche per le sue iniziative commerciali note come “i banchieri ambulanti”, ossia persone che non stanno agli sportelli ma girano sul territorio, la seconda nasce proprio a Rimini, con l’intento di favorire l’accesso ai finanziamenti bancari per tutti nel nome del valore dell’inclusione creditizia. In altre parole, decidendo di saltare il presupposto tradizionale della concessione di finanziamenti (la verifica del merito di credito) Eticredito stabilisce il principio che il credito è un diritto, per tutti. Forse non è un caso che questo istituto nasca per iniziativa di alcuni personaggi illuminati della borghesia imprenditoriale riminese, che decidono di mettere risorse e capitali a disposizione di un’idea di banca che vada controcorrente rispetto alla tradizionale intermediazione creditizia; forse non è un caso perché il vizio capitale risiede proprio qua, nella mancanza di una chiara idea di impresa insita nella missione originaria, quella di dare soldi a tutti quelli che non li ottengono dalle banche “tradizionali” senza chiedersi perché e, soprattutto, con quali risorse.


Banca Etica Adriatica Spa, opera dal 2006, ma l’idea del progetto Eticredito nasce nel 2004 dall’iniziativa di cinquantasei soci fondatori tra cui persone fisiche, enti e società idealmente ispirati, in tale loro iniziativa, agli stessi principi che, dal punto di vista etico-sociale, mossero gli originari fondatori delle Casse di Risparmio di oltre un secolo e mezzo fa. La particolarità riscontrata nelle politiche di remunerazione ed incentivazione, approvata nell’assemblea dell’ottobre 2009, prevede che le cariche degli organi sociali siano volontarie e gratuite a testimonianza dello spirito e delle motivazioni che hanno dato vita ad Eticredito.


Questi anni non sono stati facili per Eticredito Rimini, che non ha mai raggiunto l’utile d’esercizio ed ha incontrato vistosi problemi nel perseguimento del proprio scopo sociale. Oltre alle difficoltà a generare reddito manifestata dal modesto margine di interesse (la differenza tra interessi attivi e passivi), contribuisce alla scarsa performance della banca anche il livello dell’indicatore cost/income ratio (rapporto tra costi operativi e risultato della gestione caratteristica) che, presa come riferimento la media delle banche di credito cooperativo (nel 2010 pari al 74,2%) e di Banca Popolare Etica (85%), evidenzia l’abissale distacco delle percentuali di Eticredito (460%).
Per quanto concerne la qualità del credito, a fine 2010 le posizioni classificate ad incaglio di Eticredito sono quasi triplicate passando a 315.366 nel 2010 contro 80.661 euro del 2009. Inoltre, il rapporto tra patrimonio libero ed il totale dell’attivo, quale indicatore di solidità patrimoniale è pari al 30%, una percentuale troppo esigua per il grado di rischio a cui è esposta la banca. Infatti, se si considera la leva finanziaria, definita come il rapporto tra il totale dell’attivo e il patrimonio di base, questa risulta pari a 290% a fine 2010 ed in aumento rispetto al 270% del 2009.


Potremmo essere indotti a pensare che le difficoltà cui va incontro Eticredito Rimini siano le medesime che affronta Banca Popolare Etica. L’esame di due indicatori, relativi al costo di due emissioni obbligazionarie, da una parte, al corrispettivo richiesto per l’apertura di un conto giovani, dall’altro, chiariscono meglio però le diverse strategie adottate dalle due banche.


Prestiti Obbligazionari di Eticredito Rimini (tasso variabile)
Durata: 3 anni
1° cedola: 2,50 %
Altre cedole: Euribor 6M + 0,50%
Frequenza cedole: semestrale


Prestiti Obbligazionari di Banca Popolare Etica (tasso variabile)
Durata: 3 anni
1° cedola: 0,84 % (netto 0,672%)
Altre cedole: media mensile Euribor 6M con riferimento al mese precedente l’inizio di maturazione delle cedole stesse
Frequenza cedole: semestrale


Infine, se si analizzano le spese all’apertura di un conto corrente (profilo giovani) dal confronto tra i prospetti informativi delle due banche si possono notare cospicue differenze:
• profilo giovani Eticredito Rimini euro 61,50 euro
• profilo giovani Banca Popolare Etica 207 euro: il paradosso di questo conto è nel suo nome (si chiama conto sostenibile e costa oltre tre volte il conto dei concorrenti).


In sintesi: mentre Eticredito Rimini offre condizioni migliori alla propria clientela, Banca Popolare Etica riesce a perseguire la propria missione penalizzando palesemente i propri risparmiatori, maltrattati sia in termini di tassi, sia di condizioni. In sostanza, l’inclusione creditizia si realizza bilanciando i maggiori rischi e la minore redditività dell’attivo con una raccolta certamente meno onerosa e con maggiori ricavi da commissioni. Si potrebbe affermare, in estrema sintesi, che Banca Popolare Etica riesce (forse) ad attirare capitali a condizioni peggiori per i risparmiatori in forza di una superiore capacità di proporre i valori etici che ne contraddistinguono l’operato.


La tipologia dei prestiti erogati, quali finanziamenti all’energia, in particolare impianti fotovoltaici, al non profit e all’accesso al credito, delinea attività rischiose e poco liquide, che di fatto si ripercuotono sulla gestione della banca, soprattutto a livello reddituale. In generale dall’operatività di Eticredito Rimini, come in quella dei principali soggetti attivi nel settore, si evidenzia il trade off tipico della micro-finanza ovvero come il maggior coinvolgimento di soggetti non bancabili crea forte inefficienze economiche e allo stesso tempo la mancanza di una piena sostenibilità.


Se non esiste un’unica ricetta del micro-credito, si può certamente affermare che la via italiana al micro-credito non è quella di Yunus. Si pensi, in particolare, al costo della vita ed al contesto socio economico che classificano l’Italia come paese ricco e fanno sì che gli importi da erogare siano più alti ed il costo del lavoro sia diverso e molto più caro. Le performances di Eticredito Rimini (e, per converso, di Banca Popolare Etica), sotto tale profilo, sintetizzano efficacemente questi problemi, rendendo inevitabili alcune conclusioni: a) la finanza etica è mediamente più rischiosa e, paradossalmente, meno redditizia della finanza tradizionale, il che la rende più faticosamente sostenibile; b) poiché il conto economico delle banche esige invece la sostenibilità, al fine di evitare rischi di contagio sistemico e di panico (corsa agli sportelli) o si decide di fare pagare maggiormente il credito, il che non è etico, o si ribaltano sui risparmiatori i problemi del conto economico: il che è altrettanto poco etico, soprattutto ove il risparmiatore non sia adeguatamente informato di ciò; c) infine, le banche etiche rimangono banche, soprattutto per la legislazione che tutela il risparmio; ne deriva la necessità di ricorrere in misura massiccia ad aumenti di capitale, in grado di ridurre la leva e la rischiosità e, soprattutto, di fronteggiare le perdite; Banca Etica Adriatica di Rimini potrà continuare a svolgere il suo lavoro solo e soltanto se, tra i soci fondatori, non verrà meno la volontà di sostegno finanziario all’intermediario cui hanno affidato un compito così impegnativo. E non ritorneranno invece a decidere direttamente sui soldi che vogliono destinare in beneficenza.


Alessandro Berti
http://johnmaynard.wordpress.com
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Ultima modifica il Venerdì, 04 Maggio 2012 17:56