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Massimo Bernardini, un ricordo di Jannacci che parte da Milano e arriva a Rimini

Sabato, 30 Marzo 2013

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Un ricordo di Jannacci che parte da Milano e arriva a Rimini. Parla Massimo Bernardini


Negli ultimi anni, in particolare verso la fine di agosto, Enzo Jannacci ha fatto spesso capolino a Rimini. A cominciare dal concerto al Meeting nel 2009 e poi nel 2012 in occasione dello spettacolo del figlio Paolo. Ne parliamo con il giornalista televisivo e critico misicale Massimo Bernardini, milanese, legato da un'affettuosa amicizia al cantautore, di cui era anche vicino di casa.
Nei ricordi di Bernardini bambino, Jannacci sfiora già il mito.
Io e tutti quelli della mia generazione siamo cresciuti con Jannacci, ce lo suonava nelle orecchie la radio, ce lo faceva vedere la televisione. Siamo cresciuti con dentro lui e il paradosso che è. Perché Enzo Jannacci non è un artista qualsiasi. È uno che va per sottigliezze, per allusioni. Ha usato il milanese, in una maniera nuova. È stato un milanese outsider. Era anche un medico, era anche uno che faceva l'attore al cinema, faceva cabaret al Derby, è stato lanciato, come l'amico Giorgio Gaber, dal Piccolo. Uno strano soggetto, genio e insieme surreale”.
Genio surreale, e tuttavia tanto intimamente realista da riuscire a stupire.
È una parte folle nella cultura in cui sono cresciuto, non addomesticabile, una caratteristica che è continuata nel tempo. La cosa strana è che quando arrivò l'intervista al Corriere, quella nella quale lui ha detto che a Eluana era mancata la carezza del Nazareno, quella cosa ha scosso tutti. Perché ci ha scosso così profondamente? Perché dal surreale Jannacci una cosa così limpida e chiara non ce la aspettavamo. Una cosa legata alla carità cristiana. una cosa antica. Il puro esempio di cosa sia la carità cristiana, la carezza di Gesù. Quelle parole ci hanno stupito perché venivano da quella strana cosa che era Enzo Jannacci”.
Quelle ricordate da Bernardini sono parole estratte dal titolo di un intervento di Jannacci nel febbraio del 2009 sul Corriere della Sera, dopo la morte di Eluana Englaro. In agosto, un'intervista, questa volta rilasciata all'Avvenire con a tema la sua fede, e uno spettacolo al Meeting per l'amicizia fra i popoli di Rimini.
Parole da cui ha avuto probabilmente origine l’amicizia col Meeting, con il mondo del Meeting. Anche quest'anno l'ho visto a Rimini, non pubblicamente ma privatamente, trascorrere molte ore in Fiera a Rimini, durante tutta la settimana della manifestazione. Un'amicizia che io penso nasca da lì, dallo stupore di questa sua intuizione affidata al Corriere, che allora ha travolto tanti e tra questi, sicuramente anche il mondo del Meeting, da cui nacque l'invito”.
Rispetto a quelle parole, a me non verrebbe mai in mente di parlare di conversione. Secondo me, in qualche modo, un'affermazione come quella su Eluana è come se fosse dentro quello che lui ha scritto e detto sempre. Perché se uno va a rivedere quello che lui è, la tenerezza verso i piccoli, la gente di strada, i bambini, i più deboli, verso chi tira avanti nella vita senza speranza, la tenerezza verso queste persone c'è sempre stata in Jannacci. E credo che anche l'incontro col mondo del Meeting abbia semplicemente fatto fiorire quello che lui aveva dentro”.
E, infine, il ricordo dell'amicizia con Giorgio Gaber. “Gaber, con cui ho avuto una frequentazione più intima e più profonda, mi diceva che Jannacci era, fra virgolette, un cialtrone. Il motivo era, mi spiegava Gaber, che Jannacci dal punto di vista del talento aveva ricevuto molto, era un assoluto genio, era molto più bravo di lui. 'Quello che io riesco a raggiungere con tanta fatica, in lui splende di colpo da solo! Questo 'maledetto' butta via tante occasioni proprio perché qualcuno gli ha dato questo talento straripante'. Ed era vero, è stato un grande cardiochirurgo, pianista, autore di cabaret. Un talento complesso, difficile, non banale. E invece tante volte si buttava via. Io stesso da cronista ho visto cose meravigliose di Jannacci, ultimo in ordine di tempo il recital del figlio Paolino sul repertorio delle canzoni milanesi. Perfetto, come una composizione di Bach o Beethoven. E l'ho visto in altri spettacoli rovinati dalla sua incontinenza verbale. Loro si volevano bene, ma con questa differenza. Gaber ha fatto fruttificare ogni goccia del suo talento. Jannacci aveva magari molto più talento, ma a volte lo buttava via. I due però si stimavano moltissimo”.

Ultima modifica il Sabato, 30 Marzo 2013 19:41

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