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Prostituzione: la presunta ordinanza talebana di Terni è copiata da quella di Rimini

Sabato, 30 Ottobre 2021

A volte, più che tanti discorsi, vale la pena segnalare i fatti.

Questo è il dispositivo dell’ordinanza anti-prostituzione del Comune di Terni, quella che secondo tutta la stampa nazionale, vieterebbe alle donne di girare in minigonna e scollature.

“Sia fatto divieto a chiunque: di porre in essere comportamenti diretti in modo non equivoco ad offrire prestazioni sessuali a pagamento, consistenti nell’assunzione di atteggiamenti di richiamo, di invito, di saluto allusivo ovvero nel mantenere abbigliamento indecoroso o indecente in relazione al luogo ovvero nel mostrare nudità, ingenerando la convinzione di esercitare la prostituzione”.

Questo è il dispositivo dell’ordinanza anti prostituzione del Comune di Rimini emessa il 28 giugno scorso:

“Sia fatto divieto a chiunque: di porre in essere comportamenti diretti in modo non equivoco ad offrire prestazioni sessuali a pagamento, consistenti nell’assunzione di atteggiamenti di richiamo, di invito, di saluto allusivo  ovvero nel mantenere abbigliamento indecoroso o indecente in relazione al luogo ovvero nel mostrare nudità, ingenerando la convinzione di esercitare la prostituzione”.

Qualcuno ci trova qualche differenza? Impossibile, si tratta di un tipico caso di copia e incolla. Come sia successo che l’ordinanza di Terni, peraltro del luglio 2020, sia diventata oggi un caso nazionale perché, a detta degli organi di stampa “vieta alle donne di girare in minigonna e scollature”, è un mistero. Nessuno si è preso la briga di andare a verificare se la notizia, tanto clamorosa da apparire inverosimile, fosse vera o non fosse invece l’ennesima bufala. Nemmeno quando il sindaco di Terni, il leghista Leonardo Latini, ha ripetuto all’infinito che lui si è rifatto ad altre ordinanze, anche di Comuni del centrosinistra. Poiché Rimini in materia di ordinanze antiprostituzione da anni fa scuola in tutta Italia, abbiamo voluto verificare e, come sospettavamo, abbiamo scoperto che le due ordinanze sono identiche. Quella di Rimini sempre lodata e citata nei dibattiti e nelle riviste specializzate, quella di Terni messa alla berlina perché espressione di una cultura talebana.

Però su questa falsa notizia è scoppiato il finimondo. Tutta l’opinione pubblica di sinistra e politicamente corretta si è scagliata contro il solito leghista che vuole realizzare un pezzo di Afghanistan a Terni. Ora, è vero che i leghisti ci hanno abituato a sparate più che discutibili, ma quando la notizia è così clamorosa l’obbligo della verifica dovrebbe essere doveroso. I signori della sinistra che vogliono combattere gli estremismi leghisti, farebbero bene mirare agli obiettivi giusti. Altrimenti diventa tutto un calderone, una fiera delle contrapposizioni ideologiche a prescindere, e la politica si riduce a battibecchi da cortile. La vicenda peraltro porta a riflettere su quanti dibattiti infuocati fra destra e sinistra che spesso vediamo sui giornali o alla televisione nascano da una bufala e da equivoci voluti e alimentati. 

Il neo assessore di Rimini Kristian Gianfreda, sul suo profilo Facebook scrive: “C’è un sindaco, di Terni, che ha fatto un’ordinanza vietando un certo tipo di abbigliamento alle donne in alcune zone della città. Sono favorevole ad ogni intervento che possa contrastare la prostituzione, ma non per ragioni di decoro urbano. Le ragioni si trovano nelle vite di quelle donne, ragazze e bambine che vediamo in strada, dietro cui si cela povertà, violenza, soprusi e tratta di esseri umani”. Bene, guardiamo quello che la nostra ordinanza scrive e correggiamone l’impostazione se necessaria, così eviteremo di diffondere una cultura sbagliata quando altri ci copieranno.

Anche perché, proprio l’ordinanza di Rimini, firmata dal sindaco di sinistra Andrea Gnassi, richiama il decreto legge che definisce la sicurezza urbana come “il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città”.  Inoltre il testo dell’ordinanza argomenta che “vi è legame tra il concetto di sicurezza urbana e sicurezza pubblica, posto che la violazione delle norme che tutelano la convivenza civile, la coesione sociale e l'ambiente urbano in ogni suo aspetto, rappresenta al contempo il presupposto ed il risultato per l'insorgenza di fenomeni di criminalità capaci di minare la sicurezza pubblica; inoltre i comportamenti messi in atto in tali occasioni, sia dalle prostitute, che dai clienti, sono incontestabilmente offensivi di molteplici interessi della collettività e valori e diritti costituzionalmente tutelati, quali la morale pubblica ed il comune sentimento di pudore della cittadinanza, la sanità, la sicurezza e tranquillità pubblica, la convivenza civile e la coesione sociale, le attività, il lavoro, la mobilità, l'ambiente urbano in ogni suo aspetto”.

Prima di stracciarsi le vesti per la retorica degli altri, in una sorta di gara a chi sia il più politicamente corretto, ricominciamo a entrare nel merito delle cose, con il tempo che serve almeno a capire quali siano i fatti nella realtà reale e non in quella artefatta dei social, e provando a misurarci su quale contributo ognuno di noi possa dare. Magari la prossima volta vantandoci che un sindaco leghista abbia copiato un’ordinanza della civilissima e politicamente correttissima città di Rimini. 

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