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Una campagna elettorale incolore e scontata ma esprimiamo la nostra speranza con il voto

Giovedì, 30 Settembre 2021

A volte, in queste settimane di avvicinamento al voto, candidati e partiti hanno evocato la parola sogno. Senza offesa per nessuno, ma non ci pare che questa campagna elettorale ci abbia fatto sognare. Da nessuno abbiamo udito un’idea, una visione di città, un’analisi, un insieme di proposte per il futuro capaci di strappare un’emozione, di ravvivare un desiderio. Di farci sognare, appunto. 

Candidati e partiti sono stati assolutamente prevedibili, hanno recitato con più o meno diligenza e creatività, il copione che il ruolo, il partito o il marketing politico gli imponeva.

Jamil Sadegholvaad, centrosinistra, ha puntato fin dal giorno della sua discesa in campo sul fatto che non ci sarà più un uomo solo al comando ma un gioco di squadra e, allo stesso tempo, sul mantra della continuità con l’amministrazione Gnassi. Una sovrapposizione, anche di immagine, fra Jamil e il sindaco uscente, che negli ultimi giorni è apparsa talmente insistente (volantini, post, pubblicità, cene) da far pensare a qualche possibile effetto boomerang. 

Enzo Ceccarelli, centrodestra, si è proposto come la persona che può finalmente realizzare, sulla scorta dei numeri nazionali, il desiderio di cambiamento di quanti non sopportano settant’anni e più di amministrazione in mano alla sinistra. Aggiungendo che lui può affrontare questo ricambio, perché il sindaco l’ha già fatto (anche se in un Comune poco simile nelle preoccupazioni e nelle priorità a quello di Rimini). 

La terza incomoda, la sorpresa di queste elezioni, l’ex vice sindaco Gloria Lisi, si è comportata appunto da terza incomoda. Ha fatto di tutto con le sue cinque liste per sparigliare le carte, anche lanciando messaggi politicamente scorretti, come l’appello al voto disgiunto o la dichiarazione di essere vicina al ballottaggio, dichiarazioni che rivelano più l'astuzia della comunicazione che il carattere della candidata.

Candidati sindaci e candidati consiglieri comunali si sono prodigati con incontri, comunicati, stampa, post sui social, per far conoscere il loro pensiero su ogni aspetto della vita cittadina, dal turismo alla viabilità, dalla sanità alla sicurezza, dal parco del mare alle fogne, dallo sport alle aree di sgambamento per i cani. Da destra si insisteva sulla mancanza di parcheggi e di sicurezza, da sinistra si magnificavano i brillanti risultati finora ottenuti e la promessa di completare l’opera. Tutto bello, tutto giusto, tutto però già sentito, tutto assolutamente prevedibile. 

È come se nessuno dei contendenti avesse deciso di affrontare un rischio, oltre a quello iniziale di metterci la faccia e di candidarsi, che pur resta un’apprezzabile testimonianza di impegno al servizio della propria città.  È come se tutti gli spin doctor dei principali candidati avessero suggerito ai loro “clienti” di non esporsi troppo, di non uscire dai contorni del proprio personaggio, perché un’esposizione esplicita può far guadagnare consensi, sì, ma ne può far perdere altri. Meglio un profilo leggero, ecumenico. Sono insomma prevalsi calcoli da marketing elettorale, strategie di comunicazione, a danno di una compromissione più vera e leale con le domande e i bisogni della città, con i candidati disponibili a farsi interrogare sui contenuti e sul metodo della politica, disposti a uscire dalle ricette già pronte.

Detto questo, in ogni caso i riminesi domenica e lunedì dovranno andare a votare per eleggere il nuovo sindaco e il nuovo consiglio comunale. Se non sarà un sogno o una proposta non scontata a muoverli, cosa potrà orientarli a scegliere fra le varie proposte in campo? 

Si può immaginare che una parte di elettorato (un tempo preponderante, adesso residuale) voterà in base ad un senso di appartenenza culturale e politica. Non importa il candidato, non importa il programma, io comunque voto a destra, io comunque mi oriento a sinistra.

C’è poi una vasta area che potremmo chiamare di voto d’opinione. Certamente ha le proprie inclinazioni politiche che vengono espresse soprattutto nel voto nazionale. Ma nel voto amministrativo guarda le persone in gioco, i loro programmi, soprattutto la loro credibilità e affidabilità. Scelgo quel candidato perché la sua storia, la sua esperienza, ciò che ha già realizzato nella vita o nell’amministrazione, lo qualificano come adeguato al compito. 

C’è infine un criterio più generale, che coinvolge trasversalmente tutti e che riveste un certo peso. Ciascuno di noi vive la propria esperienza di città. E matura il proprio giudizio sui servizi dell’amministrazione, sulle opere che vengono realizzate, in base alla corrispondenza che trova rispetto ai propri bisogni e ai propri desideri. E sarebbe auspicabile che, nel compiere questa valutazione, nel riflettere sulla propria esperienza di città, un elettore andasse anche oltre il proprio legittimo interesse particolare e si aprisse alla prospettiva del bene comune. 

Si diceva all’inizio dei messaggi di Jamil e Ceccarelli, ovvero continuità e cambiamento. È assai probabile che molti elettori alla fin fine scelgano sulla base di questi opposti messaggi. Chi ha avuto reazioni positive ai cambiamenti realizzati da Gnassi, voterà Sadegholvaad; chi per storia e cultura vuole che anche a Rimini si realizzi l’alternanza sceglierà Ceccarelli.  Sarà interessante verificare lunedì sera quale messaggio sarà prevalente nelle scelte degli elettori.  L’attrazione verso l’uno e l’altro dipenderà appunto dall’esperienza di città che ciascuno vive.  Rimini è tendenzialmente una città conservatrice. Lo si vede anche nelle scelte politiche nazionali. E questa tendenza conservatrice potrebbe insinuarsi anche nelle elezioni amministrative. L’esperienza locale degli ultimi anni dice che i cambiamenti di amministrazione si verificano in presenza di una crisi che faccia da detonatore. Se in un Comune è prevalente un sentimento positivo, se non c’è un problema acuto che scompagina gli equilibri, difficilmente il messaggio del cambiamento viene recepito. A Bellaria nel 2009 vinse per la prima volta il centrodestra perché si usciva da un fallimentare decennio del sindaco Scenna, a Riccione è iniziata l’era Tosi perché la vicenda del Trc ha disintegrato lo storico consenso maggioritario del Pci-Pd.  Nel 2019 l’assalto del centrodestra a Santarcangelo non è riuscito perché i cittadini di quel Comune non avevano un’esperienza negativa della loro città. 

In ogni caso dunque è importante che si vada a votare. Secondo l’esperienza di città che abbiamo vissuto in questi anni e secondo ciò che ci impegna nella vita, secondo la speranza che ci anima per il futuro dei figli, degli amici e della comunità tutta. Andiamo, non restiamo al balcone a guardare, la politica ci deve sentire. 

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