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Non basta la candidata Petitti per far vincere il centrodestra a Rimini

Venerdì, 20 Novembre 2020

Le prime reazioni nel campo del centrodestra sono abbastanza scontate: Emma Petitti è la migliore candidata, nel senso della più facile da battere. Basta cucirgli addosso il vestito che lei stessa ha sempre mostrato di preferire: donna di partito, espressione dell’apparato, fedele alla linea Melucci, insomma di colore rosso antico, per dirla con il nome di un liquore in voga negli anni Settanta. 

Se può essere facile cucire tale vestito alla Petitti, non è però sufficiente per vincere le elezioni. Molto dipenderà dall’avversario che il centrodestra sarà in gradi mettere in campo. E dall’aggregazione che questo candidato alternativo saprà coagulare, andando oltre i confini dell’elettorato dei partiti. “Deve essere un uomo che ami profondamente questa città, appassionato ai suoi problemi, desideroso di misurarsi anche con l’attività amministrativa. Non deve essere un uomo di partito ma comunque un uomo che ha famigliarità con la politica e i suoi meccanismi. Un esterno, non un estraneo ai partiti”.

A tracciare questo identikit del futuro sindaco di Rimini, è Claudio Di Lorenzo, ex An, fra i  promotori alle ultime elezioni regionali della lista civica a sostegno della candidata Borgonzoni. Per completare l’identikit osserva che nelle città dell’Emilia Romagna dove c’è stato di recente il ribaltone  (Forlì e Ferrara) è diventato sindaco un politico che già aveva svolto l’incarico per un Comune più piccolo. 

Di Lorenzo non sembra nutrire più di tanto fiducia nel rilancio di Rete Civica (portavoce il sindaco di Coriano Mimma Spinelli), alla quale lui stesso ha attivamente partecipato. “Voleva essere un soggetto politico per conquistare uno spazio non raggiunto dai tre partiti del centrodestra. Alla luce dei fatti quello spazio si è mostrato esiguo, sotto al 2 per cento, mentre le aspettative erano maggiori”. 

Rete Civica, capitanata dalla Spinelli, può adesso vantare anche l’arrivo di un consigliere comunale, Davide Frisoni, che prima apparteneva alla maggioranza del consiglio comunale di Rimini, cioè al gruppo di Patto Civico. Le mosse di Frisoni sembrano puntare ad una sua eventuale candidatura a sindaco per l’area di centrodestra. “Ognuno – commenta Di Lorenzo – nutre legittime aspirazioni personali. Poi bisogna verificare se ci sono le condizioni politiche”. 

Secondo Di Lorenzo la parola decisiva sul candidato a sindaco la diranno i partiti della coalizione, a partire dal segretario regionale della Lega, Jacopo Morrone. La Lega, pur dilaniata da evidenti contrasti interni, resta il primo partito. Forza Italia è sparita, in consiglio comunale non ha più nessuno. Poi c’è il caso curioso di Fratelli d’Italia, alla quale è di recente approdato l’ex forzista Nicola Marcello. Ma in consiglio, oltre a lui e a Gioenzo Renzi, ci sono altri due consiglieri che vedono nel partito della Meloni il loro approdo naturale, Filippo Zilli e Gennaro Mauro, nel 2016 eletti in liste civiche. Si è visto però quanto ha dovuto penare Marcello per passare dagli annunci sulla stampa all’ingresso ufficiale nel partito. È inimmaginabile che a breve Renzi possa dare il via libera ad altri ingressi che oscurerebbero definitivamente il suo primato. 

La domanda che resta è se nelle elezioni del 2021 ci sarà spazio per liste civiche di destra. L’impressione è che alcuni fenomeni siano stati riassorbiti dai partiti. Alcuni (in ambito cattolico), dopo la riuscita elezione di Matteo Montevecchi, combattono una battaglia interna alla Lega. Altri sono in fase di avvicinamento a Fratelli d’Italia. Qualche altro moderato potrebbe tentare l’ingresso in Forza Italia, che al momento è una scatola vuota in attesa di essere riempita. “A mio parere – sostiene Di Lorenzo - sarebbe quanto mai opportuna la presenza nel centrodestra di liste civiche tematiche. Penso ad esempio ad una lista che metta insieme il modo del commercio, del turismo, delle piccole imprese. Se si vuole vincere a Rimini occorre tornare a parlare con questi mondi, che all’elezione precedente hanno votato Gnassi”. 

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