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Verso una rete oncologica romagnola. Carradori alla giornata IOR

Lunedì, 12 Ottobre 2020

L’Istituto Oncologico Romagnolo, fondato nel 1979 dal professor Dino Amadori, ha convocato sabato scorso al Palacongressi i suoi tanti volontari per ricordare il proprio fondatore, scomparso il 23 febbraio, e per incontrare i protagonisti dell’oncologia romagnola, dalle istituzioni ai medici, ai vertici dell’Azienda sanitaria.

Sul palco si sono succedute le testimonianze commosse di tanti che hanno collaborato con Amadori fin dalla fondazione dello IOR, ma anche di quanti ne hanno incrociato l’opera nella loro veste istituzionale; perché l’Istituto Oncologico Romagnolo non è soltanto un esempio di solidarietà, di generosità, di dedizione, di tenacia davanti alla quale non è possibile non commuoversi (in una terra in cui ogni famiglia ha pagato il proprio tributo al cancro), ma la sua storia coincide con la storia stessa dell’oncologia romagnola, con il suo sviluppo e con il modello stesso della sua organizzazione.

A questo proposito, più ancora delle ingenti risorse economiche raccolte dallo IOR in questi quarant’anni e messe a disposizione degli ospedali e dei ricercatori per finanziare gli avanzamenti nella conoscenza e nella cura della malattia, vale la pena sottolineare come, dalla sua spinta – in fondo solo una piccola cooperativa di cittadini -, sia nato l’IRST di Meldola, unico esempio nazionale di Istituto di ricerca nato ‘dal basso’ e non da una direttiva pubblica come accade solitamente.

Una eccezionalità, questa della fondazione dell’istituto di Meldola, che si rispecchia nella sua stessa composizione societaria, alla quale, oltre alla componente pubblica, partecipano le fondazione bancarie di Forlì, Cesena e Ravenna e, naturalmente, lo stesso IOR; una componente privata, pur senza scopo di lucro, la cui sola presenza in questi anni non ha mancato di indispettire chi vedeva la sanità, soprattutto in sede regionale, come una pertinenza esclusiva dell’amministrazione pubblica.

Una presenza ingombrante, quella dell’istituto di Meldola, anche nella gestione dell’oncologia romagnola; con un dibattito senza fine sul ruolo e le competenze che avrebbe dovuto avere all’interno del sistema e al quale i sindaci hanno sempre partecipato, incalzati dalle opposizioni, rivendicando una autonomia scientifica e gestionale per i presidi ospedalieri del territorio.

In questo contesto, l’intervento alla giornata volontari dello IOR del nuovo direttore generale della Ausl Romagna, Tiziano Carradori, sembra destinato a rappresentare una svolta decisiva. Se infatti è pur normale che queste nomine dirette comportino un legame ineludibile tra il prescelto e chi l’ha nominato, certamente in Regione sono coscienti di cosa hanno ‘comperato’: dalla vastissima competenza fino ai modi spicci e anche un po’ bruschi con cui Carradori sa risolvere i problemi che gli si presentano davanti, spesso sparigliando e, dove serve, anche rinunciando a quanto di ideologico appare superfluo.

Così, questo il succo del suo intervento, se l’Istituto Tumori di Meldola è proprietà al 70% dell’ente pubblico, che cosa dovrebbe impedirci di utilizzarne al massimo le potenzialità, di costruire attorno ad esso una eccellenza che ricada sul territorio, a favore di tutti i cittadini? Quello che sembra di capire, nel difficile gioco di equilibri che dovrà portare alla strutturazione definitiva dell’Area Vasta (ancora incompiuta), è che, a livello politico, la decisione di affidare a Meldola un ruolo di guida e di coordinamento della clinica oncologica sia ormai accettata e digerita dai singoli sindaci.

Il sogno del professor Amadori di un network territoriale, una sorta di istituto di ricerca ‘diffuso’ che, con i suoi numeri complessivi, possa aumentare la propria capacità di studio e diventare ancora più attrattivo per le sperimentazioni di nuovi farmaci, sembra essere dunque prossimo alla sua realizzazione.

Vedremo se il direttore Carradori, al contrario del suo predecessore, che non è riuscito a comporre personalismi sia politici che professionali, dopo quelle dei sindaci saprà vincere le resistenze di medici e primari delle singole città, che fino ad oggi hanno sentito la crescita dell’istituto di Meldola come una ingerenza nei loro confronti, loro che hanno comunque contribuito all’eccellenza dell’oncologia romagnola.

Così come vedremo se l’IRST stesso, senza la capacità di coinvolgere e aggregare propria del suo ‘fondatore’, saprà dimostrare di saper attirare e trattenere le eccellenze al proprio interno e valorizzare tutto quanto di buono esiste sul territorio.

[rg]