Coronavirus e turismo: "Attenti a non sbagliare comunicazione"

Lunedì, 02 Marzo 2020

Circoscrivere il problema e praticare una comunicazione appropriata. Sono questi, secondo Antonio Preiti, direttore di Sociometrica, sociologo, esperto dei problemi del turismo, i pilastri di una strategia vincente per contenere i danni che il Coronavirus potrebbe infliggere all’industria dell’ospitalità. Preiti conosce molto bene anche il turismo romagnolo, è di un mese fa la pubblicazione della ricerca sul sentiment emergente dai social che ha visto nella top ten Rimini, Riccione e Bellaria Igea Marina. A proposito di comunicazione appropriata, per Rimini Preiti osserva che no news good news. “Di Rimini non si parla come zona di pericolo, e va bene così”.

Cosa differenzia questa crisi da altre emergenze sanitarie o dall’emergenza terrorismo che si è verificata gli anni scorsi in alcune destinazioni?

“Non abbiamo un precedente perfettamente analogo. È paragonabile solo all’epidemia della Sars, nella quale però l’Italia non rimase coinvolta. È invece paragonabile al terrorismo, l’altro grande fenomeno che riduce la disponibilità a viaggiare. Abbiamo avuto due modelli distinti. Il primo è quello degli attentati a Parigi, Nizza, Bruxelles, che hanno avuto un impatto immediato. Il giorno dopo l’attentato, chi per esempio aveva programmato un viaggio a Parigi non è partito, ma il fenomeno è durato una settimana, in pochi giorni è stato riassorbito.

Altro caso è invece quello di paesi come l’Egitto, la Turchia, la Tunisia, dove gli attentati hanno creato un blocco del turismo che è durato due o tre anni. La gente non fa distinzione, c’è un’asimmetria dei comportamenti turistici rispetto al pericolo: non si proporzionano i viaggi (la probabilità a viaggiare) all’entità del pericolo, ma basta una sola probabilità e si ferma tutto. E il pericolo lo si trasferisce anche ai paesi vicini, che pure non sono coinvolti.

La mia impressione, ed anche la mia speranza, è che l’emergenza attuale appartenga al primo tipo, cioè a qualcosa che si smonta in poche settimane e che avrà un impatto limitato”.

Lei quindi pensa che se arriveranno presto notizie rassicuranti, il danno per le attività turistiche potrebbe essere limitato?

“Teniamo conto che nelle emergenze ci sono meta messaggi che passano. In questa caso, è passato il meta messaggio che non bisogna frequentare luoghi affollati, stare vicini l’uno all’altro in luoghi chiusi. Tanto è vero che in Trentino, e soprattutto in Alto Adige, associati alla vita all’aria aperta, in questo momento c’è crescita del turismo perché le famiglie della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna, dove sono state chiuse le scuole, hanno approfittato per fare una settimana bianca oppure per farne un’altra. Oggi il luogo aperto non fa paura, l’epidemia è collegata ai luoghi chiusi, cinema, teatro, stadi, dove si sta spalla a spalla. Quindi se il virus viene contenuto e si torna alla normalità, le destinazioni che vivono all’aria aperta, lo sci in questo momento, il mare in estate, potrebbero conservare le chance di salvare la stagione. Il combinato disposto fra virus contenuto e comunicazione appropriata, può aiutare a salvare il turismo”.

Agenzie di viaggio e hotel però già lamentano disdette che potrebbero metterle in ginocchio…

“Le agenzie di viaggio hanno un problema economico serio. Le gite scolastiche sono un business importante, soprattutto in questo periodo primaverile. Se devono rimborsare le famiglie, che normalmente pagano i viaggi con largo anticipo, e non hanno la possibilità di avere indietro i costi dei voli aerei già sostenuti, sono già al fallimento. Si sa che i margini sui voli sono quasi irrilevanti, perciò bastano pochi voli non rimborsati e rischiano di saltare. Ad esempio, Ryanair non vuole rifondere le agenzie (ma, dato che la causa di forza maggiore agisce per le agenzie non si capisce perché non debba agire anche per loro). Da questo punto di vista, la proposta del governo di consentire la restituzione con voucher valevoli in future occasioni, è nella direzione giusta. Per gli alberghi, in città come Roma o Firenze siamo nel periodo di maggior lavoro. In questo caso con le prenotazioni annullate la caduta del fatturato è netta. La Pasqua resta un punto interrogativo, per l’estate ancora non è cominciato il periodo delle prenotazioni. Tutto dipenderà da quando finisce l’emergenza, se termina in due tre settimane c’è ampio margine di recupero”.

Cosa dovrebbero fare le autorità pubbliche e gli operatori del settore per limitare i danni?

“La questione fondamentale è che siamo di fronte ad un pericolo ubiquo e invisibile perché è asintomatico. Se vedo una persona con segni di malattia, è già un messaggio che mi arriva. Ma se non vedo nulla, non ho mezzi di difesa. Mi pare che il governo stia andando nella direzione giusta, cioè passare da una foto sfocata a una foto dai contorni precisi. Si dice quali sono le zone di effettivo pericolo, escludendo le altre. Sono rientrati provvedimenti assurdi come la chiusura dei bar dopo le 18. Il messaggio chiaro è: vi diciamo dove c’è il pericolo e dove non c’è. Se si promuove una comunicazione appropriata, la gente può governare mentalmente il fenomeno. è una questione decisiva. Se sto male vado dal dottore, che mi dice cosa ho, ho fiducia nel dottore, non mi è passata la malattia ma l’ho circoscritta, so che è quella e non un’altra, so che mi devo comportare così e non in altro modo, che si può magiare questo e non quello. Perimetrare, razionalizzare il pericolo. Con il pericolo circoscritto siamo in grado di farci i conti”.

Sono quindi da escludere messaggi genericamente rassicuranti?

“Certamente. Ho visto uno spot del Friuli che dice: venite, noi stiamo all’aria aperta. Nei momenti di crisi non bisogna fare promozione, perché non ha senso, nemmeno bisogna negare, che poi si è smentiti dall’informazione. La promozione bisogna farla quando il pericolo è passato. La comunicazione può essere utile per ricordare quanto siamo attrattivi, non che il pericolo è scampato”.

Lei conosce bene Rimini e la Romagna. Cosa si dovrebbe fare?

“Vale il detto no news, good news. Nessuno in questo momento parla di Rimini, Rimini ha un’immagine a sè. Rimini ed Emilia Romagna sono due concetti diversi, l'Emilia Romagna è un concetto amministrativo, Rimini è un concetto turistico. Di Rimini, Riccione e delle altre località romagnole non parla nessuno all’estero, va benissimo così. Nel senso che i nomi di città che circolano sono Roma, Bologna, Milano, moltissimo Bergamo che però non è una grande destinazione turistica”.

Questo vale forse per l’estero ma per gli italiani…

“Rimini è mentalmente lontana dall’epicentro, non solo fisicamente. Rimini la vedono come spiaggia e mare, ma questa non è ancora la stagione per pensare alle vacanze estive. Il problema come sempre è la percezione, non la realtà oggettiva. Nell’immaginario dei luoghi pericolosi, ci sono la Lombardia, il Veneto, poi l’Emilia Romagna, ma più l’Emilia che la Romagna. Attenti a non cadere nel detto latino excusatio non petita, accusatio manifesta” .

Valerio Lessi