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Pizzolante alla ricerca del "partito che non c'è"

Venerdì, 07 Giugno 2019

Sergio Pizzolante, 58 anni, deputato per tre legislature, oggi imprenditore, è fortemente appassionato al tema del “partito che non c'è”. Sostiene che: “Nel nuovo scenario proporzionale e nell'era dei sovranismi e dei populismi, manca in Italia una forza politica di centro liberaldemocratica e liberalriformista, che abbia idee liberali su economia, fisco, giustizia e lavoro ma nello stesso tempo si ponga il problema di proteggere i più deboli dentro le grandi trasformazioni epocali e dentro i tumulti dell'economia globale”.

Pizzolante, pur non facendo oggi attività politica diretta, continua a tessere relazioni e incontri, soprattutto a livello nazionale. È fra gli organizzatori e i protagonisti a Roma, il prossimo 13 giugno, della prima edizione dei “Colloqui sulla democrazia”, promossi dal Centro Studi Americano, dall'Istituto Cattaneo e altri think thank. “Il mio sogno – confida – è di portarli a Rimini per farne un centro internazionale, sull'esempio del Pio Manzù, e collegare ad essi una scuola di formazione politica per giovani”.

Torniamo alla ricerca del “partito che non c'è”. “Rivendico – afferma Pizzolante - di aver avuto questa visione già più di tre anni fa quando insieme ad altri amici ho promosso l'esperienza di Patto Civico a Rimini e a Riccione. Patto Civico non era una banale lista civica, era un'iniziativa politica perché marcava la necessità di occupare uno spazio politico, competitivo con il Pd sul piano dei contenuti e della rappresentanza del ceto medio produttivo e del mondo delle professioni, e nello tempo radicalmente alternativa ai populismi e ai sovranismi. In quegli anni è sorto il partito di Macron in Francia, Ciudadanos in Spagna, altre forze liberalrifomiste nei paesi nord europei e, se mi posso permettere un'esagerazione personale, la nostra esperienza a Rimini. Già tre anni fa era chiaro che centrodestra e centrosinistra, così come li avevamo conosciuti, erano politicamente morti: nel centrodestra era cominciata la crisi di Berlusconi e dell'area moderata, nel centrosinistra era avviata la crisi della componente postcomunista. Patto Civico è nato sia per dare rappresentanza al ceto medio sia per sostenere l'azione eccezionale di un sindaco che ha cambiato radicalmente il volto di Rimini, sottraendolo alle liturgie e ai condizionamenti delle listarelle post comuniste della legislatura precedente, e alle correnti conservatrici del suo partito. Patto Civico è nato come accordo con il sindaco, non con il Pd, dal quale a livello locale è stato osteggiato, mentre aveva avuto un plauso dai dirigenti regionali e nazionali”.

Ma questo fantomatico partito che non c'è, l'auspicata nuova casa dei moderati, ha qualche possibilità? Sta succedendo qualcosa?

“Un sistema in cui sovranisti e populisti hanno il 60 per cento, se si aggiunge la Meloni e una parte di Forza Italia addirittura il 70, non può reggere. L'Italia è in controtendenza rispetto all'Europa perché le forze della sinistra socialista vanno indietro, Zingaretti recupera voti vergognandosi delle riforme del centrosinistra, dal jobact in giù. Quindi, per rispondere alla domanda, succede poco o tutto quello che succede non è all'altezza. Calenda poteva essere una speranza, se avesse fatto il Macron italiano oggi sarebbe a capo di un partito del 10-15 cento. Ha invece condotto un'operazione sconclusionata, prima si è iscritto al Pd, poi si è candidato come una sorta di indipendente dentro il Pd con la pretesa di creare, con il consenso di Zingaretti, un centro dipendente dal segretario dem. Non può funzionare, non si fanno operazioni a tavolino. C'è stata l'iniziativa lodevole di +Europa ma sconta la cultura minoritaria dei radicali e l'incapacità di darsi un programma liberal riformista capace di cambiare l'Europa e di esprimersi su questioni rilevanti come fisco, giustizia e lavoro. Va anche detto che la cosiddetta area renziana non può stare dentro un Pd che torna indietro. Renzi ha provato a trasformare il Pd da partito dei cattolici di sinistra e dei post comunisti in una forza realmente riformista e liberale. Questa area non può restare con Zingaretti secondo il quale l'Urss è stata utile per salvare i partiti comunisti dell'Occidente. Il soggetto nuovo non potrà che nascere dalla scomposizione del Pd ed anche dalla scomposizione di Forza Italia, dove una parte andrà con Toti a fare un partito al servizio di Salvini, mentre un'altra non vuole avere niente a che fare con questo tipo di destra. Ci sono in atto movimenti e reti che inevitabilmente porteranno alla nascita di un soggetto nuovo”.

Quello che però non si vede all'orizzonte è un leader, una persona che con linguaggio nuovo dia voce ai moderati...

“Concordo. Come dice Mauro Calise nel suo libro La democrazia del leader, oggi la politica è la sintesi di una leadership e di una capacità di proposta politica innovativa. Al magma in movimento manca qualcuno che lo possa assemblare. Però resta vero quello che diceva Nenni: in politica i vuoti prima o poi si riempiono. Questo processo, inevitabilmente, si metterà in moto. I tempi dell'esito dipendono da molti fattori, fra cui la tenuta del governo gialloverde e la data delle prossime elezioni. Si dovesse votare a settembre, l'alternativa sarà fra una destra vincente e un Pd perdente, se si vota fra uno o due anni, potrebbe esserci in campo qualcosa di nuovo”.

Torniamo a Rimini. Alla luce di queste considerazioni, che scenario immagina per il dopo Gnassi?

“Mancano due anni e oggi in politica sono un'enormità. Ciò che è auspicabile è che il dopo Gnassi sia all'altezza di Gnassi. Occorre un gruppo di persone che sia capace di prendere in mano il testimone di un sindaco che ha saputo interpretare il suo ruolo nella città e il ruolo di Rimini nello scenario ampio del protagonismo internazionale delle città. In questi anni di globalizzazione, accanto ai movimenti estremi populisti e sovranisti, si è affermato un protagonismo delle città che hanno saputo innovare la progettazione per il futuro, come ad esempio Milano. Gnassi ha saputo inserire Rimini in questa scia. Penso dunque che la ricerca del dopo Gnassi non possa essere fatta entro le sigle attuali ma sopra, come lo è stato lo stesso Gnassi”.

In questa partita che ruolo vede per il suo Patto Civico?

“Premesso che c'è un gruppo consigliare e gruppi di lavoro che sono autonomi, si vedrà. Nella consapevolezza che il Patto Civico è l'anticipo del partito che non c'è a livello nazionale, nella speranza che il partito che non c'è finalmente appaia”.

Valerio Lessi

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