I cento anni di don Probo: tutto è nato dalla sorpresa per un amico cambiato

Lunedì, 03 Giugno 2019

In rete è possibile trovare una bella intervista di TV2000 a don Probo Vaccarini, il sacerdote che domani martedì 4 giugno compirà cent'anni e sarà festeggiato in cattedrale con una solenne messa presieduta dal vescovo Francesco Lambiasi.

Don Probo racconta di un amico che lui vedeva sempre inquieto, triste, finanche angosciato. E dire che era anche un bel ragazzo, tutto a posto. “Un giorno – racconta don Probo – lo trovo in piazza, cominciamo a parlare e vedo che è tutto spigliato, allegro...cambiato! Gli dico: ma Dino cosa hai fatto che sei cambiato?”. E lui gli risponde che era stato da padre Pio. Padre Pio? Siamo agli inizi degli anni Cinquanta, la fama del frate cappuccino non è ancora così estesa ed universale. L'amico Dino gli racconta tutto ciò che ha visto e udito. “Sono rimasto colpito. Raccontato da lui, con quell'entusiasmo... lui che andava a Messa giusto a Pasqua”. Il cambiamento dell'amico incuriosisce Probo che compie il primo di infiniti viaggi verso san Giovanni Rotondo. Il primo incontro con padre Pio non è tale da consigliare una frequentazione ulteriore. Appena Probo si inginocchia per confessarsi, il frate comincia a urlargli “E vattene!”. E siccome Probo non obbedisce subito, glielo ripete più volte, alzando la voce. Probo se ne torna a Rimini con la convinzione di essere andato a perdere tempo. Ma dopo quaranta giorni riprende il treno verso Foggia.

Ha incuriosito i media e i social la storia di don Probo Vaccarini: un prete che compie cent'anni, che ha sette figli, di cui quattro maschi tutti sacerdoti. Attira l'attenzione, spinge a voler conoscere i particolari; è una bella storia di colore, avranno pensato i capiredattori nei giornali. Diciamolo pure: è la classifica notizia dell'uomo che morde il cane. Ma c'è qualcosa che questa storia comunica, al di là della spontanea simpatia che provoca?

Andiamo avanti. Probo Vaccarini diventa, come si è è autodefinito, un pendolare del Padre. Mette la propria vita nelle mani di padre Pio. “Mi ha confessato. Mi ha detto tutto quello che avevo fatto. Sembrava avesse letto la mia storia”. Il frate lo sollecita a trovarsi una ragazza e a sposarsi. Trova Anna Maria Vannucci, con la quale si unisce in matrimonio nel 1952. Padre Pio lo invita a formare una famiglia numerosa e santa. “Numerosa è facile ma...santa... comunque, va bene!”. Uno dopo l'altro nascono sette figli, quattro maschi e tre femmine. Nel 1970 muore la moglie, lasciandolo con i sette figli, tutti bambini o adolescenti. Rimasto vedovo, cresciuti i figli, comincia il percorso per diventare accolito e quindi diacono. Fin lì i figli lo avevano capito, rimangono un po' interdetti quando il padre comunica loro di voler diventare sacerdote. I preti a 75 anni danno le dimissioni, lui voleva cominciare a 69. Nella citata intervista don Probo confessa che fin da piccolo il suo sogno era diventare prete, voleva farsi salesiano. Voleva dire la Messa. “Se fossi diventato prete subito, non mi sarei sposato”, osserva con la coscienza di chi pensa di aver risposto, in fin dei conti, ad una vocazione unica, attraverso più tappe. D'altra parte lui è uno dei pochi ritornati dalla campagna di Russia: doveva per forza di cose essere stato preservato per un destino particolare.

Sulla celebrazione della Messa, a cui tiene tanto, dice cose che non capita spesso di ascoltare: “Quando dico questo è il mio corpo, in quel momento non sono io che parlo ma è Gesù, e quindi Cristo viene dentro di me e mi trasforma in Lui”.

Quando è stato ordinato sacerdote, l'8 maggio 1988, i figli sacerdoti gli hanno imposto le mani. Hanno tramesso la grazia dello Spirito Santo a colui che li aveva generati nella carne. Da figli sono diventati padri del loro genitore. Già quando erano stati ordinati i figli, lui andava a confessarsi da uno di loro.

La storia di don Probo, dei suoi cento anni, dei quattro figli preti, ha molto da dire su una parola di cui oggi, al pari di altre, si è perso il significato: la paternità. È una bella storia di paternità che lascia intravedere quale sia il significato autentico della parola. Don Probo è diventato padre perché ha accettato di essere figlio. Ha obbedito al contraccolpo suscitato in lui dalla sorpresa di vedere l'amico triste finalmente lieto. Poteva finire lì, di suo Probo ci ha messo la tenace volontà di andare fino in fondo, di capire cosa aveva cambiato l'amico. Ed ha avuto la grazia di restare fedele a quell'incontro, di essere figlio obbediente, perché, come si capisce anche da suoi racconti, non era facile essere figli di padre Pio.

La crisi del padre nella società contemporanea dal '68 in poi ha fatto spendere fiumi di inchiostro a quanti hanno cercato di descriverla, di capirne le cause, di prevederne gli esiti. Mentre si affermava una società con l'eclisse del padre, don Probo viveva la sua umile e personale esperienza di figliolanza e di paternità. La caratteristica del padre è di essere generativo: una generazione che non è solo biologica ma che diventa anche – e qui la parola ci sta tutta – spirituale. Fino allo splendido paradosso che sono i figli a generare il padre alla nuova condizione di sacerdote di Cristo. Cosa consente tutto ciò? Difficile rispondere. Si può solo constatare che all'inizio di questa storia c'è un santo.

 

Valerio Lessi