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Economia, Rimini impari a "usare le nuove racchette"

Lunedì, 25 Marzo 2019

I riminesi devono tornare a giocare con le racchette giuste. Il tennista Borg, dopo aver vinto tutto, quando tornò a giocare negli anni Novanta perse clamorosamente perché usava ancora racchette di legno. Guido Caselli, responsabile del centro studi di Unioncamere Emilia Romagna, usa questa metafora per raccontare la sfida che la provincia di Rimini si trova di fronte. È intervenuto oggi pomeriggio nell’aula magna dell’Università a conclusione della presentazione del Rapporto 2018 sull’economia riminese, che ha visto la partecipazione anche dell’economista Carlo Cottarelli.

Chi usa le racchette nuove ha un vantaggio competitivo e oggi gli strumenti nuovi da usare sono la globalizzazione e la rivoluzione digitale. Globalizzazione vuol dire export e stando ai dati del rapporto, quelle delle industrie manifatturiere di Rimini sono cresciute, rispetto al 2017, del 10 per cento. Tutto bene, quindi? Non proprio, ha chiosato Caselli: dalle sue ricerche risulta che chi può esportare lo sta già facendo. Si tratta quindi di far crescere il volume e, visto che il 60 per cento delle aziende esporta in un solo Paese, aumentare il numero dei Paesi destinatari delle merci. Anche nella rivoluzione digitale abbiamo compiuto alcuni passi ma il salto da fare è di “pensare digitale”. Quindi i riminesi possono usare ancora meglio le loro racchette ma devono soprattutto essere consapevoli che la partita la vincono solo come comunità, come territorio. Connessioni con il mondo che cambia e ancoraggio a quella esperienza di Rimini, da rinnovare, come territorio dove si vive meglio, questa la ricetta proposta.

Del resto, i dati sull’economia 2018 diffusi lunedì dalla Camera di Commercio restituiscono un quadro tutto sommato positivo, il trend di ripresa non è stato interrotto anche se nel 2019, come in tutta Italia, è previsto un rallentamento. Rimini appartiene a quell’area geografica (Lover, cioè Lombardia, Veneto ed Emiia Romagna) dove la crescita è maggiore rispetto al resto dell’Italia. Ciò non significa che siamo usciti dal tunnel, semplicemente – sostiene Caselli con un’altra efficace immagine – siamo tra coloro che l’hanno arredato meglio in attesa di uscirci.

Il numero delle imprese è stabile (34.295), ma la moria c’era stata negli anni precedenti. In provincia di Rimini abbiamo 102 imprese ogni mille abitanti (in Italia 85). Il tasso di disoccupazione (8,2) è superiore a quell’Emilia Romagna (5,9) ma inferiore al dato nazionale (10,6). La disoccupazione giovanile è invece al 20,9 per cento. Interessante la notazione di Caselli sulle professioni emergenti nel riminese: larga parte va iscritta fra quelle “non altrimenti classificabili”. Una conferma di quegli studi secondo cui il 25 per cento dei giovani che studiano farà in futuro un lavoro non ancora inventato.

Delle esportazioni si è già detto, c’è solo da aggiunge che il primo paese non è più la Germnia, bensì la Francia, con un incremento dell’11,5 per cento.

Per le oltre 2.500 imprese manifatturiere prosegue la fase congiunturale positiva, in atto dal secondo trimestre del 2015. Crescono la produzione (+4,4%), il fatturato (+5,9%) e gli ordini (+1,7%), in frenata quelli esteri (-0,3%); le previsioni per il primo trimestre 2019 sono orientate alla stabilità della produzione, fatturato e ordinativi totali.

Sempre in crisi il settore delle costruzioni, con calo di imprese e dipendenti, anche se il numero delle ore lavorate è cresciuto dello 0,6 e il volume di affari dell’1,6 per cento. Le imprese edili sono per l’80 per cento artigiane, per il 69 per cento individuali e, fra queste, il 34 per cento dei titolari è straniero.

Nel commercio continua la chiusura degli esercizi (-1.1) e delle vendite al dettaglio (-2,2). Nessun accenno ad una ripresa dei consumi.

Una spia rilevante sull’andamento dell’economia è la situazione del credito. I depositi sono in aumento del 2,9 per cento per un totale di 9 miliardi e 238 milioni di euro depositati nelle banche. I prestiti sono invece in calo: quelli alle famiglie del 5 per cento, quelli alle imprese del 6,5 per cento. Un chiaro segnale che il quadro di incertezze spinge famiglie e imprese a non indebitarsi. Le sofferenze bancarie sono ancora alte: la percentuale sui prestiti totali è del 9,6, quando in regione è del 7,8 e in Italia del 6.

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