Scrivi qui la tua mail
e premi Invio per ricevere gratuitamente ogni mattina la nostra rassegna stampa

Trasformare la rabbia in coraggio. Meeting e politica, con molte sorprese

Lunedì, 20 Agosto 2018

Mancava un esponente dei 5 stelle, ma vale il detto che gli assenti hanno sempre torto. C’erano rappresentanti di quasi tutti i partiti, e molti di peso. C’era Graziano Delrio, c’era Maria Stella Gelmini, c’erano Maurizio Lupi e Gabriele Toccafondi, naufraghi e orfani del crollo delle evidenze in versione partito e schieramento. C’era anche un esponente del governo, e molto influente, il sottosegretario Giancarlo Giorgetti. Era il primo incontro pubblico dell’Intergruppo parlamentare sulla sussidiarietà, nell’anno primo del governo legapentastellato. Nel trionfo della politica come scontro all’ultimo sangue, dove la demonizzazione del nemico è lo sport più praticato, dove ogni giorno si cerca di delegittimare l’avversario a colpi di fake news studiate a tavolino, insomma, in questo Parlamento così diverso da quelli che avevamo conosciuto, duecento deputati hanno sottoscritto il manifesto che propone un patto per il bene comune e un dialogo permanente su cinque temi Imprese, Sud, educazione, welfare, istituzioni.

Le prove di dialogo ci sono state ieri al Meeting, dove si è visto benissimo che alcuni sono al governo e altri all’opposizione, che le prospettive politiche sono diverse, ma ci si è confrontati su un terreno di valori comuni e soprattutto – e questa è una good news – senza i soliti insulti da talk show televisivo.

Se c’è un tema forte che quasi tutti hanno sottolineato, pur con inevitabili accenti diversi, è quello dell’educazione. Quando crolla tutto, quando nella società vengono meno i punti di riferimento, quando le persone sono sempre più sole e corrose dalla rabbia, o si riparte con un serio lavoro educativo o non si va da nessuna parte. L’ex ministro Delrio vi ha insistito co accerti forti. Si è detto spaventato da una società dove l’altro è visto solo come un competitore, e non solo in politica. Si fa fatica a riconoscere che l’altro è qualcuno su cui si può contare, ci si guarda sempre come nemici. “Se Giorgetti ha bisogno di qualcuno che gli badi i figli mentre è a Palazzo Chigi, io sono disponibile; perché non mi auguro che lui fallisca, mi auguro che riesca per il bene del Paese”. Il lavoro più urgente, secondo Delrio, è migliorare se stessi, fino a diventare santi, se si può.

Anche Maria Stella Gelmini, osservando come il Meeting vada controcorrente, insiste molto sull’educazione, sull’esigenza di far ripartire l’ascensore sociale, di non tornare indietro sul riconoscimento della libertà di educazione. Si sofferma sul rischio di deriva autoritaria, si scaglia contro il paventato ritorno delle nazionalizzazioni, e strappa anche qualche applauso. Maurizio Lupi che dell’Intergruppo è il presidente, ricorda che non era affatto scontato che si ripartisse anche in questa legislatura in cui è cambiato tutto. Ha citato Giorgio Gaber per sostenere che bisogna trasformare la rabbia in coraggio, il coraggio di guardare al futuro, di costruire qualcosa di positivo nelle nuove condizioni, diverse dalle precedenti; quindi nessuno sguardo rivolto all’indietro ma sempre avanti.

Fra tanti oppositori del governo gialloverde, l’intervento atteso con maggiore curiosità era senz’altro quello di Giorgetti. Il numero due della Lega non è stato banale e vale la pena riassumere il suo pensiero e la replica poi arrivata da Giorgio Vittadini. Giorgetti è partito contestando bonariamente il titolo del Meeting, sostenendo che se l’accento è sulla felicità, sul rendere il popolo felice, allora sì che il populismo di un certo tipo è dietro l’angolo, alla felicità occorre aggiungere la libertà.

Quindi ha puntato il dito sull’ideologia globalista, che ha preteso di governare al posto della politica e della democrazia C’è stata un’overdose di politicamente corretto, in ogni settore della vita sociale, overdose che ha scatenato la reazione del popolo. Non disdegna, Girogetti di chiamarla reazione populista, osservando che ha travolto tutte le istituzioni, anche quelle della democrazie rappresentativa. Ha preso le distanze da Gelmini che invocava la centralità del Parlamento, sostenendo che oggi i cittadini vedono nel Parlamento il luogo dell’inconcludenza.

Non è vero che la gente non partecipa, c’è partecipazione, anche se superficiale perché ridotta a mettere un like, e nessuno più legge libri per farsi un’idea approfondita.

In questo contesto vince il rapporto diretto fra il popolo e il suo capo politico. Per colpa del web è un fenomeno patologico, ma anche Berlusconi aveva capito che con le tv si poteva fare politica senza avere un partito politico alle spalle. Oggi il partito, come sa il Pd, è una zavorra, noi andiamo bene perché abbiamo un capo che sa coltivare un rapporto diretto con il popolo. Tutto bene, quindi? No, Giorgetti riconosce che c’è un tema che, dopo le esperienze negative di destra e sinistra, non ha l’attenzione che meriterebbe. Ed è quello della riforma delle istituzione democratiche. Il giocattolo si è rotto e se non lo si aggiusta rapidamente, il rischio dell’uomo forte che si impone è dietro l’angolo. A Matteo Renzi saranno fischiate le orecchie.

Se gli altri interlocutori avevano evocato i corpi intermedi come punti da cui ripartire, Giorgetti ha invece sparato a zero, sostenendo che sono in crisi, delegittimati, che, per esempio, le associazioni di categoria non rappresentano più nessuno.

E conclude citando Baumann quando sostiene che si tratta di fare il percorso inverso a quello seguito nell’epoca moderna, passare dalla società alla comunità.

Vittadini ha replicato precisando che nella visione di Giussani la felicità non è qualcosa di ridotto ai propri comodi, ma presuppone la libertà e la ricerca di qualcosa che non basta mai. E ha ricordato che tutti corrono il rischio di subire la tentazione del potere, lo ha vissuto il Meeting, e lo vive chi va al governo pensando che siccome adesso è arrivato lui tutto andrà in ordine. Se c’è questa presunzione, non c’è bisogno di aspettare il cadavere, si può essere certi che prima o poi arriverà. Ecco perché ci vuole un’educazione, qualcuno che continuamente ti richiami alla posizione ideale. I maggiori critici di CL sono stati don Giussni prima e don Carron oggi.

La politica è come una salita in montagna con la bicicletta: ha tempi lunghi, molto lunghi… L’errore è seguire lo scattista, l’uomo solo al comando.

Comunque la realtà del Meeting non è contraria al nuovo governo (lo aveva sostenuto Giorgetti), è disponibile collaborare con tutti, proprio perché ogni tentativo è limitato, collaboriamo con tutti perché non ci va bene nulla.


Le vostre foto

Rimini by @lisaram, foto vincitrice del 15 febbraio

#bgRimini

Le nostre città con gli occhi di chi le vive. Voi scattate e taggate, noi pubblichiamo. Tutto alla maniera di Instagram