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Profughi, cala il numero di quelli ospitati a Rimini

Lunedì, 16 Luglio 2018

(Rimini) Oltre trecento profughi in meno arrivati sul territorio rispetto all’anno passato, con un numero di persone accolte in provincia tra Cas (centri di accoglienza) e Sprar inferiore di 373 unità rispetto al tetto massimo fissato da Anci: è questo uno dei dati emersi nel corso dell’incontro del tavolo dell’immigrazione convocato dalla Prefettura per fare il punto sulla rete di accoglienza dei profughi nel territorio. Un incontro, alla presenza dei Comuni, delle organizzazioni sindacali, degli enti gestori e delle associazioni, al quale ha partecipato il vicesindaco Gloria Lisi e dal quale è emersa un’evoluzione positiva soprattutto rispetto alla collocazione degli uomini e delle donne accolte in provincia e per le quali si stanno trovando soluzioni diverse all’ospitalità nelle strutture alberghiere. “Ringrazio la Prefettura per la volontà dimostrata nel mettere ordine ad una situazione difficile da gestire – commenta il vicesindaco Gloria Lisi – e soprattutto per aver attivato il tavolo per l’immigrazione, uno strumento di lavoro fondamentale che era rimasto fermo per troppo tempo. Il calo evidente degli arrivi sul territorio deve essere da spinta e agevolare quel cambio di approccio sul tema dell’immigrazione che ritengo indispensabile: non è un fenomeno da subire, ma un tema da gestire e da governare, puntando in particolare sullo sviluppo dei percorsi di autonomia e di inserimento lavorativo”.
C’è chi lavora come saldatore, chi in albergo o nei ristoranti, chi fa l’elettricista: dei 40 maggiorenni inseriti nel progetto Sprar del Comune di Rimini, la maggioranza – 30 – ha già avviato un percorso lavorativo, in azienda o nel settore dei servizi. Sono ragazzi giovanissimi, molti dei quali sono stati inseriti nel progetto Sprar ancora minorenni, e che hanno seguito corsi di lingua e di formazione professionale. Hanno quindi acquisito le competenze indispensabili per avviare un percorso lavorativo e, attraverso tirocini e stage, si sono fatti conoscere da aziende e imprenditori, che in molti casi si sono tradotti in primi contratti. Diversi ragazzi hanno frequentato i corsi del Centro Enaip Zavatta e adesso lavorano come saldatori ed elettricisti con contratti di apprendistato o con tirocini retribuiti nelle aziende del territorio. Tanti anche i ragazzi che per la stagione estiva lavorano nei ristoranti sia a Rimini sia Riccione, in cucina, in sala o come magazzinieri. Tra questi un ragazzo ivoriano, arrivato minorenne in Italia, e che poco dopo essere arrivato a Rimini ha scoperto di essere affetto da una forma tumorale all’occhio: non appena guarito è riuscito a trovare la sua strada ed è stato assunto in un noto ristorante di Riccione. C’è poi la storia di un ragazzo del Camerun, che ha iniziato a lavorare per un mobilificio di Rimini: saputa della morte del padre, i colleghi hanno fatto una piccola colletta per dargli un sostegno. Ci sono anche quei datori di lavoro che si prendono a cuore le sorti dei ragazzi anche fuori dalle aziende, aiutandoli a trovare un luogo dove vivere, com’è successo ad un ventenne del Gambia assunto come apprendista in una ditta di Santarcangelo.
“Molti dei ragazzi che oggi stanno facendo delle esperienze lavorative sono arrivati in Italia giovanissimi – spiega il vicesindaco Lisi - e sono stati inseriti nel progetto Sprar ancora da minori. Hanno potuto quindi seguire un percorso mirato, imparando prima di tutto la lingua e seguendo poi dei corsi di formazione professionale che gli hanno consentito di acquisire competenze spendibili sul mercato di lavoro. Attraverso il percorso di accompagnamento dello Sprar sono stati coinvolti in stage e tirocini: un passaggio relativamente ‘semplice’, dato che non mancano le aziende e i datori di lavoro che danno la loro disponibilità. Il difficile infatti viene dopo, quando cioè i ragazzi lasciano lo Sprar per intraprendere un percorso autonomo, senza più la rete delle associazioni. E le esperienze a cui stiamo assistendo ci dimostrano che è possibile dare significato alla parola integrazione: questi ragazzi infatti stanno gradualmente entrando a far parte della comunità. Giocano a calcio nelle squadre di quartiere, instaurano rapporti con i colleghi, vogliono creare una famiglia nella nostra città. Promuovere fino in fondo questa reale integrazione – conclude il vicesindaco - significa gestire il fenomeno dell’immigrazione”.


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