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Ramonda (APG23): Il bene comune si costruisce partendo dalla vita quotidiana

Giovedì, 14 Giugno 2018

“Certamente non bisogna avere paura della politica perché come diceva Paolo Vi è una suprema forma di carità. Le forme per fare politica possono essere molteplici, i cristiani sono chiamati ad essere presenti e partecipare ovunque si decide qualcosa per la comunità. Come per esempio nei consigli scolastici”.

Giovanni Paolo Ramonda, presidente dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, reagisce così all’intervento del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi italiani, in occasione della recente preghiera per l’Italia tenutasi a Roma.

“Sia a livello locale che a livello centrale – aggiunge – il faro che deve guidare è la ricerca del bene comune. Penso che i politici possano meglio realizzarlo se già nella loro vita hanno realizzato qualcosa in questo senso. Si fa politica portando in quell’ambiente quello che sei. Nessuno di noi è perfetto, ognuno ha i suoi difetti, ma se anche nelle piccole cose della vita quotidiana pratica uno stile di vita inevitabilmente lo trasferirà anche alla politica. Se uno è onesto sul lavoro, lo sarà anche in quando è eletto in una istituzione. L’importante è agire per il bene comune, all’io si deve sostituire il noi”.

Bassetti ha osservato che i cristiani hanno avuto paura anche della politica, come qualcosa che sporcava, dimenticando com’essa è un grande servizio alla comunità nazionale, alla patria, madre nostra e dei nostri figli. E aggiungeva che i cristiani, in un momento così serio della nostra storia, non possano essere assenti o latitanti, quali “esperti di umanità”,  non possano disertare quel servizio al bene comune che è fare politica in democrazia. I cristiani sono dunque assenti dalla politica? “Più che assenti – risponde Ramonda – mi sembra che a volte siano timorosi, asserviti a qualche gruppo politico. Facciamo un esempio. Sulla questione dei migranti non si può non dire che là in mezzo al mare ci sono persone come noi che hanno bisogno del nostro aiuto, che devono essere accolte. Poi il politico farà la voce grossa con chi ha in mano le leve del potere perché si dia una soluzione al problema. Ma occorre dire che nella nostra storia abbiamo esempi luminosi come Giorgio La Pira, come Aldo Moro, persone che si sono spese fino in fondo per il bene comune. Dobbiamo solo imitarli”.

Il cardinale Bassetti, prima di invitare i cattolici ad una nuova responsabilità sociale e politica, ha espresso un giudizio sulla situazione dell’Italia parlando di diffusi sentimenti di frustrazione e di rabbia. Si ritrova in questo giudizio? “Indubbiamente nel nostro Paese ci sono molte persone in seria difficoltà, che fanno fatica ad arrivare a fine mese, che sono in ansia per un futuro che appare incerto. Nello stesso tempo, non si possono non riconoscere molti segni di speranza, di solidarietà, di attenzione al bene comune. Dai nostri padri abbiamo ereditato un welfare che dà risposta a problemi fondamentali come la sanità, il lavoro la scuola. Girando per il mondo, noto che il livello di welfare e di benessere in cui viviamo è comunque maggiore. Veniamo da settant’anni di pace. Certamente lo stato sociale non va smantellato. Bisogna però tornare a ciò che diceva Giovanni Paollo II, le radici cristiane dell’Italia e dell’Europa. C’è un lavoro che ci aspetta tutti, in cui tutti dobbiamo giocare i nostri talenti. Dalla crisi se ne esce insieme, per questo è molto importante la politica”.

In questo contesto qual è il compito per i cristiani: “I cristiani sono chiamati a essere se stessi. Ad essere vicini alle tante situazione di sofferenza, agli sforzi educativi delle famiglie, ai giovani smarriti che sono educati solo dai social, senza riferimenti precisi. I cristiani devono essere se stessi, il lievito che fermenta la pasta, devono essere in prima linea per garantire la dignità e i diritti fondamentali dell’uomo. Ovunque si trovano devono essere un punto di riferimento concreto che incide nelle varie situazioni”.

 

Valerio Lessi


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