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Dall'esperienza alla politica: le proposte della Papa Giovanni XXIII

Martedì, 27 Febbraio 2018

Dalla propria esperienza a concrete proposte politiche. È l’itinerario della Comunità Papa Giovanni XXIII che in occasione delle elezioni del 4 marzo ha redatto u documento di cinque proposte da sottoporre ai candidati al Parlamento. A Rimini lo ha fatto ieri pomeriggio nel corso di un incontro pubblico al quale erano presenti Carla Franchini e marco Croatti, del Movimento % Stelle, Mario Erbetta, di Civica Popolare, Giuseppe Chicchi, di Liberi e Uguali, Sergio De Vita del Popolo della Famiglia. Le cinque proposte della Comunità fondata da don Benzi non riguardano tutto l’universo possibile della vita politica, ma solo cinque temi legati direttamente alla propria esperienza di condivisione della vita dei più poveri.

La prima proposta riprenda una vecchia provocazione che fece a suo tempo don Oreste quando presidente del Consiglio era Berlusconi: l’istituzione di un Ministero della pace. In questo caso le esperienze da cui si parte sono quelle dell’Operazione Colomba, gli interveti nelle situazioni di conflitto allo scopo di “costruire ponti e lenire ferite”, e dell’obiezione di coscienza al servizio militare e la conseguente promozione del servizio civile. Questo Ministero della Pace dovrebbe promuovere i diritti umani e favorire la soluzione dei conflitti con il dialogo e un linguaggio libero dall’odio.

La Comunità, che dagli anni Novanta è impegnata per la liberazione delle donne vittime di tratta e costrette alla prostituzione (centinaia di ex prostitute accolte nelle case famiglie e reintegrate nella vita sociale), chiede con forza che anche in Italia si applica il modello nordico nella lotta al sesso a pagamento: cioè agire sul fronte della domanda, con azioni repressive nei confronti dei clienti.

Un fronte relativamente nuovo della Comunità è quella delle carceri, o meglio delle pene alternative alla detenzione. Don Oreste diceva che occorre passare dalla certezza della pena (la maggior richiesta di oggi dell’opinione pubblica) alla certezza del recupero. Il punto di partenza, oltre che le proprie esperienze di accoglienza e recupero di detenuti, è la carta costituzionale laddove afferma che la pena deve servire alla rieducazione del condannato. Al nuovo Parlamento si chiede pertanto di riconoscere le comunità educanti con i carcerati e di sostenere anche economicamente.

Certamente fuori dagli schemi della cultura dominante sono inoltre le proposte dirette a favorire il diritto alla vita fin dalla nascita. L’esperienza della Comunità è nota in questo campo: nel corso degli anni sono state accolte circa 500 donne, due terzi della quali hanno poi deciso di non interrompere la gravidanza. La Comunità propone per le donne in condizioni economiche sfavorevoli un reddito minino di 800 euro al mese per i primi tre anni di vita del bambino; iniziative, che come vuole la stessa legge 194 siano di prevenzione dell’aborto; dare la possibilità, in casi estremi, del parto in anonimato.

Ultimo punto, la liberazione dalle dipendenze, innanzitutto dalla droga. La Comunità fondata da don Benzi gestisce 34 strutture terapeutiche, di cui 12 all’estero, nelle quali sono attualmente ospitate trecento persone. Ogni anno, nel giorno di Santo Stefano, vengono restituiti alla vita, perché hanno completato il programma terapeutico, un’ottantina di giovani. Qui il messaggio è molto chiaro: va garantito il diritto a non drogarsi, quindi no ad ogni proposta legislativa che liberalizzi le droghe, comprese quelle leggere.

Le reazioni dei candidati presenti? Prudente quella di Carla Franchini (“Siamo qui per ascoltare”), perplessa quella di Erbetta di fronte alla radicalità della posizione contro l’aborto; di convergenza sui temi della famiglia quella di De Vita.

Nella lettera che accompagna il documento con le proposte, il presidente della Comunità, Giovanni Paolo Ramonda, scrive: “Ci permettiamo di consigliarti di fare come facciamo noi: partire dagli ultimi. Se si parte dagli ultimi, allora possiamo abbracciare e aiutare tutti”.


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