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"Triangolone" del porto: i nodi che il 2018 deve sciogliere

Mercoledì, 17 Gennaio 2018

Fra le partite che il 2018 dovrà sciogliere c’è quella relativa al cosiddetto “triangolone”, cioè l’area compresa fra Largo Boscovich, lungomare Tintori e viale Cristoforo Colombo, dove molti beni ex demaniali sono state trasferiti dallo Stato al Comune. Ci sono mozioni che devono essere discusse nelle commissioni consigliari, atti che devono essere assunti dalla Giunta, ricorsi che pendono davanti al Tar. È una partita complessa, dai risvolti giuridici spesso intricati, la cui soluzione è comunque indispensabile perché anche quell’area (circa 23 mila quadrati) sia coinvolta a pieno titolo nel progetto di riqualificazione del water front che va sotto il nome di Parco del Mare. Il sindaco Andrea Gnassi si è molto adoperato perché quell’area fosse sdmanializzata e quindi trasferita dallo Stato al Comune, ma alla luce dei fatti emersi, il “regalo” ha assunto i contorni di un “pacco”.

Tutto comincia appunto con il decreto con cui nel marzo scorso lo Stato ha trasferito al Comune il “triangolone”. In data primo agosto la giunta ha approvato una delibera in cui tali beni venivano acquisiti al patrimonio comunale, salvo poi annullarla una settimana dopo perché priva del parere di regolarità contabile. Il perché della marcia indietro è presto spiegato. Lo Stato, in base alla legge, nel momento in cui trasferisce i beni al Comune, vuole che le risorse a qualsiasi titolo erogate all’ente siano “ridotte in misura pari alla riduzione delle entrate erariali conseguente al trasferimento”. Cioè dice: io ti trasferisco i beni, ma poiché mi vengono a mancare le relative entrate delle concessioni, l’importo lo detraggo dai contributi che ti devo. La somma è stata valuta in 573 mila euro, quasi centomila in più rispetto ai canoni che i privati che utilizzano il “triangolone” pagavano allo Stato. Fatti i conti, questi canoni ammontavano a 474 mila euro. Occorre ricordare che per decisione della Finanziaria 2016 del governo Prodi i canoni erano stati aumentati in modo considerevole, dando vita a non pochi contenziosi. Nella delibera poi annullata la giunta aveva stabilito la proroga transitoria di un anno, chiedendo un canone complessivo di circa 330 mila euro, 240 mila in meno rispetto all’importo “preteso” dallo Stato. Ecco la ragione per cui la giunta ha annullato tutto. Adesso la situazione è sospesa, in attesa di essere definita. Un’incertezza totale, soprattutto dal punto di vista giuridico, di obblighi e di diritti. In consiglio comunale nei mesi scorsi sono state presentate due interrogazioni, una del consigliere Pd Giovanni Casadei e l’altra di Gioenzo Renzi di Fratelli d’Italia. Rispondendo all’interrogazione di Casadei, l’assessore Brasini ha spiegato che solo dopo il trasferimento di questi beni al patrimonio disponibile del Comune l’Agenzia del Demanio ha comunicato l’ammontare dei canoni che percepiva» e che «se la cifra fosse stata resa nota all’inizio della trattativa tra Stato e Comune, difficilmente il Comune di Rimini avrebbe richiesto il passaggio».

Nell’interrogazione di Renzi, invece, si facevano domande a cui solo una nuova determinazione della giunta potrà dare risposta: “se la gestione degli attuali beni pervenuti in proprietà al Comune è stata rinnovata agli utilizzatori precedenti e con quali modalità temporali ed onerose”, “se i contenziosi con lo stato riguardanti i precedenti canoni di concessione sono rimasti in carico allo stato o ereditati dal Comune”, “qual è il canone complessivo che il Comune ha previsto di introitare rispetto a quello di 573.860 euro determinato e preteso dallo stato”, “se e quando l’amministrazione comunale intende pubblicare un bando per le manifestazioni di interesse da parte degli operatori come avvenuto per il parco del mare”, “Se agli attuali utilizzatori saranno riconosciute oppure no delle priorità e se attualmente ci sono delle negoziazioni in atto”.

C’è anche una questione di tempi.  Il decreto di trasferimento dei beni dallo Stato al Comune stabilisce infatti che se entro tre anni il Comune non avrà dato segnali di utilizzo (cioè l’avvio del Parco del mare) gli stessi beni rientreranno “nella proprietà dello Stato nella situazione in cui si trova senza che il Comune di Rimini possa pretendere dallo Stato alcunchè a qualsiasi titolo o ragione.”

Intanto il Comune è impegnato a preparare la memoria difensiva nel ricorso al Tar che tre chioschisti del “triangolone” hanno presentato (innanzitutto contro lo Stato) per opporsi al decreto di trasferimento. Il loro avvocato, Ettore Nesi, esperto di questioni demaniali, chiama in causa anche la Corte europea per stabilire se l’art.49 del codice della navigazione sia compatibile con il diritto dell’Unione. E cosa stabilisce l’articolo? Afferma che “quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell' autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato”. I chioschi sulla spiaggia spesso rientrano nella categoria delle opere amovibili. I ricorrenti vogliono cioè sapere che fine faranno i loro chioschi quando avrà termine la concessione: saranno incamerati dal Comune o il trasferimento ha fatto salvi i loro diritti?

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