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Aeroporto, cosa c'è dietro la perdita dei voli russi

Lunedì, 08 Gennaio 2018

Ha destato giustamente preoccupazione la notizia che l’aeroporto di Ancona abbia stretto un accordo con il tour operator che fino a quest’anno ha garantito voli sull’aeroporto Fellini di Rimini da Ucraina, Lituania e Lettonia, accompagnata dall’altra notizia che l’aeroporto di Bologna si stia muovendo per stringere un accordo con Ural Airlines, la compagnia che garantisce i voli dalla Russia. Secondo le indiscrezioni trapelate, almeno quattro dei voli che prima facevano scalo a Rimini nel 2018 sarebbero dirottati su Bologna.

Il 2018, contrariamente a ciò che aveva fatto pensare l’annuncio dei tre voli che da marzo Ryanair dovrebbe operare da Rimini (Londra, Kaunas e Varsavia), si apre dunque per l’aeroporto di Rimini con uno scenario niente affatto roseo. Anche perché dei circa 300 mila passeggeri che sono transitati da Miramare nel 2017, almeno due terzi provenivano dai paesi dell’est e dalla Russia: quindi più che un buco, si aprirebbe una voragine.

È la concorrenza, bellezza, qualcuno potrebbe osservare. Giusto, stupisce però che l’aeroporto di Rimini subisca ancora la concorrenza di Ancona, dove la società di gestione Aerdorica, con i suoi 38 milioni di euro di debiti, è sempre a rischio di fallimento. Oggi è stata rinviata al 25 gennaio l’udienza del Tribunale chiamata a decidere sull’istanza di fallimento: i giudici aspettano che l’Unione europea si pronunci sui 20 milioni di euro stanziati dalla Regione per salvare l’aeroporto. E prima delle feste di Natale è andato deserto il bando per la privatizzazione: nessuno dei potenziali interessati ha fatto un’offerta. Quindi tutto rimane in sospeso eppure, in questa situazione di pesante incertezza, Ancona riesce a scippare voli a Rimini. (Detto per inciso: è sorprendente come la Regione Marche, azionista pressoché esclusivo di Aerdorica, riesca a ottenere fiducia e dilazioni dalla magistratura; da noi, per Aeradria, si è visto tutto un altro film, eppure la società marchigiana è oggettivamente in condizioni peggiori di quella riminese).

Resta la domanda sul perché, con queste referenze non proprio brillanti, sia riuscita a favorire la fuga del tour operator da Rimini. Ancora una volta, come per altri soggetti interessati a diverso titolo all’attività aeroportuale, ci sono stati rapporti non facili con la dirigenza dell’aeroporto che hanno suggerito di cambiare aria? Nulla hanno dichiarato in proposito gli attuali gestori del Fellini. C’è da sperare che almeno rientri il prospettato accordo fra Ural Airlines e l’aeroporto di Bologna. Anche in questo caso gli interrogativi sono tanti. Il Marconi è intasato di voli, probabilmente chiuderà il 2017 con il record storico degli otto milioni di passeggeri, perché aprire una “guerra dei cieli” con Rimini? Le congetture abbondano. Un interrogativo che circola è ad esempio questo: si tratta forse solo di manovre tattiche per far abbassare le pretese di Rimini per un accordo di vendita o di collaborazione?

Tranne le dichiarazioni preoccupate dei presidenti delle associazioni albergatori della costa, nessuno ha preso la parola. Silenzio assoluto degli enti pubblici rappresentativi del territorio. È vero che ora la gestione del Fellini è privata, è però anche vero che subisce la concorrenza di aeroporti tuttora foraggiati dal denaro pubblico dove la politica (leggi maggioranze a guida Pd) ha pienamente voce in capitolo e, allo stesso tempo, volentieri abbonda in dichiarazioni sulla necessità di fare sistema. Ed è anche vero che l’aeroporto è gestito da un privato che gode di una concessione pubblica.

Questo incerto inizio del 2018 conferma come ancora non si sia trovato un rapporto virtuoso, cioè utile agli interessi della comunità locale, fra politica (e istituzioni pubbliche) e gestione privata dell’aeroporto.

Una nota positiva per il Fellini viene da Forlì, dove la possibile resurrezione dell’aeroporto è diventata un’ipotesi più remota. La famosa cordata imprenditoriale che aveva annunciata il proprio interesse non si è concretizzata e, non a caso, l’Enac tarda a pubblicare il più volte annunciato bando per la ricerca di un gestore.

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