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Non ci sono più i partiti di una volta (Riccione docet)

Giovedì, 21 Settembre 2017

Quando Silvio Berlusconi – il 26 gennaio del 1994 - decise di scendere in campo lanciandosi in politica alla guida di Forza Italia, il commento - quasi unanime – fu, ‘ecco che nasce il partito-azienda’. Il ‘partito di plastica’. Dell’uomo solo al comando. A una ventina abbondante d’anni di distanza, il partito-azienda non è che uno sbiadito ricordo. Pallido pallido. Scolorito – con tutto il suo cotè di ‘nani e ballerine’, ‘ nominati’, o ‘paracadudati’ come si usava dire – nel partito-persona. Ammesso che il partito – come lo abbiamo conosciuto sino a qualche tempo fa – esista ancora.
   Basta guardarsi attorno: il mondo, di quell’insieme di uomini e donne uniti da un comune ideale, da una spinta verso una concezione di società  –  sia di destra, di sinistra, di centro – verso cui camminare fianco a fianco, non sembra proprio che farsene. Meglio il leader, che va avanti tutto d’un pezzo, senza dover mediare troppo.
   In Francia, in pochi mesi, quasi dal nulla, Emmanuel Macron ha ‘tirato su’ un movimento, ‘En marche’, e si è preso tutto: Eliseo e Parlamento. Ha vinto i cuori d’Oltralpe (ora piuttosto freddini raccontano i sondaggi) puntando su se stesso, sulla sua figura di ‘uomo nuovo’,  slegato dalle pastoie partitiche, dall’establishment.
   Dall’altra parte dell’Oceano, Donald Trump, a colpi di ‘America First’, s’è preso la Casa Bianca. Senza un partito alle spalle. Senza l’appoggio del ‘Grand Old Party’, con più di un big repubblicano a voltargli le spalle. Una vittoria – per quanto incredibile alla vigilia – strappata occhieggiando al populismo, al politicamente scorretto. Comunque all’insegna dell’uomo solo contro tutti e soprattutto, nell’immaginario collettivo, libero dai condizionamenti dei partiti e pure da Wall Street  - qualcosa più del giardino di casa, invece – trasformata, a parole, nel salotto di Hillary Clinton. Realtà vissute come il passato. Da guardare con sospetto.
   E da questa parte delle Alpi non è che le cose siano poi tanto diverse. Se il Movimento 5 Stelle sulla distanza con la politica tradizionale ha fondato il suo successo – benchè un’azienda, la Casaleggio  ne sia il motore immobile -, travolgendo tutto e tutti trascinato da Beppe Grillo, inequivocabile guida spirituale  malgrado il mantra ‘uno-vale-uno’, il Partito Democratico, è stato più volte definito il PdR, ossia il Partito di Renzi, con il segretario fiorentino, i suoi ‘gufi’, i suoi ‘rosiconi’ e i suoi ‘ciaone’ a delineare una strada nuova. Abbandonata da D’Alema,  Bersani e i loro  poco inclini all’uomo solo al comando.
   Tra i ‘destri’,  il redivivo e dimagrito Cavaliere torna sulla scena ribadendo la volontà di ergersi a guida, mentre Salvini ha dato nuova linfa alla Lega Nord diventandone, di fatto, volto e cuore. Perché il Carroccio avrà sì i suoi governatori regionali come Zaia e Maroni e una realtà ben radicata sul territorio ma deve all’’uomo con la felpa’, grande parte del ritrovato appeal sull’elettorato.  Che sulla Rete – sia Facebook, Twitter o Instagram – non perde occasione per inneggiare al ‘Capitano'. Mica al partito, al ‘Capitano'.
   Anche la Romagna, nel suo piccolo, ha il proprio uomo solo al comando. Pardon, la donna. A Riccione, dopo avere infranto - tre anni fa - il dominio pluridecennale del centrosinistra, Renata Tosi, si è ripetuta vincendo, di nuovo, il ballottaggio con il Pd. Di fatto senza partiti vecchio stampo.
   Se nel 2014, la nascita della lista 'Noi Riccionesi', l'attacco a testa bassa contro il Trc e l'uso magistrale del Web e dei social network l'aveva portata al successo, questa volta è bastata la sua figura a garantire la vittoria. Se l'America ha avuto 'The Donald', Riccione ha avuto, soprattutto online, 'La Renata', o la renatatosi tutto attaccato.
    Una personalizzazione assoluta della campagna elettorale, e una lontananza dai partiti tradizionali, che ha pagato buoni dividendi se la neonata lista civica Tosi ha ottenuto nelle urne - dal nulla - il 13,3,% e la lista civica 'Noi Riccionesi' oltre l'8%. Se sul Web, oltre alla sempiterna lotta al Trc - madre di tutte le battaglie e fardello insopportabile per il Pd - il mantra è stato 'io sto con la Renata'. Come persona e non come esponente politica o espressione di un partito.
   Bastava scorrere le discussioni online per rendersene conto: da una parte, per gli internauti, c'era una donna, da chiamare confidenzialmente con il proprio nome e dall'altra, la candidata di un partito da cui prendere direttive, manco si fosse a Stalingrado. Una sorta di contrapposizione tra libertà e ortodossia, alimentata a suon di post sulla Rete, che ha funzionato. Eccome se ha funzionato.
   Ché in Romagna, in Italia, da questa e dall'altra parte dell'Oceano, la parola partito sembra avere perso tutto il suo fascino. Ché dal timore di ritrovarci con un partito-azienda siamo finiti dritti dritti al partito-persona.
   Riccione docet. E vediamo cosa succederà alle prossime politiche. Ormai dietro l'angolo.

Gianluca Angelini

dal blog Pendolarità


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