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Meeting, Pizzaballa: il desiderio è il contenuto della tradizione

Martedì, 22 Agosto 2017

C‘era molta attesa per l’intervento di oggi di monsignor Pierbattista Pizzaballa, già custode di Terra Santa ed ora amministratore apostolico del patriarcato latino di Gerusalemme, chiamato ad approfondire il tema del Meeting 2017, ovvero al frase di Goethe “Ciò che erediti dai tuoi padri riguadagnatelo per possederlo”. E l’attesa non è stata delusa. Con stile semplice e immediata (“non solo un teologo, non sono un sociologo”, si è schermito all’inizio), Pizzaballa ha seguito un percorso che certamente ha aiutato il popolo del Meeting a capire la rilevanza, nella situazione attuale, del tema proposto. Nel mondo di oggi, nel cambiamento d’epoca che lo caratterizza, cosa significa far tesoro di quanto abbiamo ricevuto dai nostri padri? Come possiamo trasformare questa eredità da un ricordo nostalgico in una responsabilità, in un compito in cui la persona rischia se stessa?

Pizzaballa ha spiegato che fare propria l’eredità significa diventare adulti, diventare un tu capace di ricevere e allo stesso tempo elaborare e investire. Fondato la sua riflessione su alcuni riferimenti biblici: l’Antico Testamento, con il tema della terra (“nahalah”, in ebraico) donata da Dio agli uomini e con il tema della memoria, l’invito di Dio a ricordare sempre e bene ciò che si è ricevuto, pena la perdita dell’eredità; e il Nuovo Testamento, con la parabola dei talenti, dove i servi che hanno investito il talento ricevuto, che hanno rischiato, sono stati premiati, mentre chi l’ha tenuto per sé non ha potuto fare altro che restituirlo. Non aveva capito che quel talento gli era stato donato perché diventasse anche suo

Insomma, questo è la sfida che gli uomini, oggi come ieri, si trovano a vivere: come far diventare proprio ciò che hanno ricevuto dai padri.

È ciò che si chiama tradizione, parola di cui i moderni istintivamente diffidano. Pizzaballa ha definito un delirio della contemporaneità quello di essere “genitori di noi stessi”. Tuttavia ha avuto un passaggio particolarmente difficile quando ha indicato ciò che deve essere trasmesso da una generazione all’altra. Non una forma, non un contenuto ma il desiderio. “Quello che conta nell'eredità – ha detto - è la trasmissione del desiderio da una generazione all'altra. Fare memoria, dunque, non per nostalgia ma per risvegliare il desiderio”. E insistendo su tale punto, ha poi aggiunto: “Bisognerebbe chiederci se il nostro fare memoria è più un ricordare nostalgico o un attingere serenamente e liberamente allo stesso desiderio che ha animato i nostri padri e che può alimentare ancora il nostro desiderio oggi, facendo di noi i protagonisti della costruzione del Regno e non semplici custodi di una memoria”.

Monsignor Pizzaballa ha quindi offerto anche una testimonianza personale su come questo rapporto con l’eredità dei padri lo interpelli nella situazione drammatica del Medio Oriente. Dopo le guerre, ultima quella della Siria, sono sempre di più i cristiani che se ne vogliono andare altrove in cerca di futuro. “Sembra insomma – ha commentato con amarezza - che anche in Medio Oriente, pur con dinamiche diverse, tutto concorra a spezzare definitivamente il legame con i nostri padri”.

Ha sottolineato che comunque non pensa che il destino e la presenza dei cristiani debba essere legata a prospettive politiche, storiche, ai contesti sociali o altro. “Tutto questo è importante, ma ciò non ci salverà e non salverà il cristianesimo qui. Ci salverà, invece, l’attaccamento alla propria fede, il radicamento in Cristo, la motivazione profonda del nostro essere cristiani”.

L’ultima parte del suo intervento è stato dedicato a rimarcare che “Bisogna ripartire da ciò che fa di noi una novità e una diversità. Ricreare il senso di comunità, comunità di credenti che si ritrova a partire dalla propria fede e sa mettersi in discussione. È questo il desiderio di cui parlavo all’inizio. È un desiderio che non si nutre di rimpianto, bensì di speranza. Il desiderio che ha costruito nel passato le cattedrali e che ora forse è chiamato a costruire altro, che dovremo comprendere e con il tempo definire”.

E ha citato, invitando a riprenderli, i punti 21 e 22 della Evagelli Nuntiandi di Paolo VI, scritta nel 1970 ma ancora molto attuale. Il papa valorizzava l’importanza della testimonianza, osservando che “questi cristiani fanno salire nel cuore di coloro che li vedono vivere, domande irresistibili: perché sono così? Perché vivono in tal modo? Che cosa o chi li ispira? Perché sono in mezzo a noi?”. Ma alal testimonianza dove seguire quella che “Pietro chiamava «dare le ragioni della propria speranza» (52), - esplicitata da un annuncio chiaro e inequivocabile del Signore Gesù”.

Pizzaballa ha concluso evocando la” Gerusalemme dell’Apocalisse, la città che scende dal cielo, è la nuova creazione, ma una creazione che Dio non vuol fare senza l’aiuto dell’uomo.

Per questo a ciascuno consegna i suoi talenti, a chi cinque, a chi due, a chi uno.

A noi il compito di farli diventare mattoni della nuova Gerusalemme”.

Meeting 2017: Intervento completo di mons. Pierbattista Pizzaballa


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