Rimini. "Pestate a sangue per prostituirsi, così le salviamo"

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Uno scenario squallido. Umanamente desolante. Ragazze, quasi sempre giovani dell’est Europa, poco più che ventenni, ferme, minigonna e tacchi alti, sul ciglio della strada in attesa di vendere il proprio corpo, e uomini, maturi, turisti soprattutto, spesso sposati, che le caricano in auto per consumare la classica mezz’ora di sesso. A pagamento naturalmente: 50 euro a prestazione. È la Rimini by night che, dalle 22 in poi, si accende, tutti i giorni, d’estate, sui viali delle Regine e in altre aree cittadine, dalle Celle alla via laterale la chiesa di San Nicolò, fino alla Statale Adriatica. Dove «violenza e costrizione sono la regola».

Terrore e famiglia

Violenza, quella perpetrata da alcuni clienti ai danni delle lucciole. Costrizione, quella imposta da una vera e propria rete criminale alle ragazze: o ti prostituisci o ce la prendiamo coi tuoi familiari. Spiega Silvia Argenti, volontaria del gruppo “Antitratta” della comunità Papa Giovani XXIII, un servizio che opera tutti i giovedì notte con l’obiettivo di strappare dalla strada quante più prostitute possibile: «Noi ci proviamo, anche se non è facile convincerle a tirarsi indietro. Ad uscire da quel mondo. Perché questi criminali, che sono loro connazionali, le obbligano con la forza, pestandole a sangue, o col terrore, raccontando loro che mamme o sorelle e fratelli potrebbero farne le spese, a prostituirsi». Una battaglia dura quella del gruppo “Antitratta”, che dà anche i frutti sperati. Conferma Argenti: «Quest’anno abbiamo convinto quattro ragazze, tre dell’est Europa e una trans peruviana, a cambiare vita. Ora sono in un’altra città. E speriamo che non ci ripensino. Perché è successo, in passato, che alcune di loro, spaventate da questi delinquenti, sono tornate a “lavorare” in strada. Ad una fu addirittura rapita la sorella».

La mappa della prostituzione

Tuttavia, questo fenomeno della prostituzione su strada, seppur ancora diffuso - tante sono state, tra luglio e agosto, le proteste di operatori turistici e comitati cittadini della zona sud di Rimini – sarebbe in calo rispetto al passato. Sottolinea, infatti, la volontaria della Papa Giovanni: «Sì è vero: dai nostri sopralluoghi ne conteremmo una ventina. Meno, quindi, di qualche anno fa. Ma attenzione, non perché sono sempre meno le donne disposte a vendere il proprio corpo, ma perché, invece di farlo sul marciapiede preferiscono farlo in casa, dove si sentono più al sicuro dai tentativi di rapina di certi clienti». Intanto, quelle che operano all’aperto lo fanno in zone cittadine prestabilite, sempre le stesse. Precisa Argenti: «Anche quest’estate le abbiamo trovate lungo i viali delle Regine e sulla Statale. Questo per quanto riguarda le ragazze dell’Est, rumene e albanesi. Perché, poi, ci sono alcune giovani di nazionalità cinese che stazionano in vie adiacenti la chiesa di San Nicolò, nei pressi della stazione. E, infine, le trans peruviane, che operano tra lungomare sud e zona Celle».

L’inferno è servito

Ma come arrivano queste ragazze a Rimini. E chi le porta a battere sul marciapiede? «Intanto, arrivano da città di provincia della Romania e dell’Albania, dove si sogna una vita migliore. Così, nella speranza di fare fortuna in Italia, incappano nell’aguzzino di turno. Quasi sempre un fidanzato, legato ad una rete criminale locale, che le convince a partire con lui per Rimini. Dove avrebbero lavorato come cameriere o come operaie. Una volta qui, invece, trovano l’inferno. Ma ci sono anche le trans. Soprattutto peruviane, che vengono tenute sotto scacco da altre transessuali loro connazionali che, con la scusa di farle vivere meglio, le convincono, pagandole anche viaggio e passaporto, a raggiungere il nostro Paese. Il resto, come ci raccontano, sono botte, se non versano parte dell’incasso per saldare il debito, che arriva anche a 10 mila euro, o se provano solo a rifiutarsi di prostituirsi. Botte per loro e, a volte, botte anche per i loro familiari in Perù, come avvertimento a non “sgarrare”. Insomma, una vita impossibile».

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